La sorprendente recensione dell’ultimo disco di Calcutta: “Relax”

Baldassarre Castiglione agli inizi del 1500, scriveva ne “Il libro del Cortegiano”: “Usare in ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l’arte e dimostri ciò che si fa e dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi”. All’epoca era di gran moda parlarne. Prescrivere ai gentiluomini del Rinascimento di avere una certa “sprezzatura” voleva dire invitarli ad essere naturali, senza artifizi, trucchi o inganni. In una parola: disinvolti.

Inutile girarci intorno, pochi, anzi pochissimi, negli ultimi decenni hanno trattato questo termine ormai in disuso.

Fate la prova, fermate gente per strada e chiedete il significato di suddetto vocabolo. Eppure noi contemporanei siamo stati molto fortunati. Da noi la “sprezzatura” era di casa. Ce l’avevamo sotto al letto (e non con le fattezze del mostro “under my bed” di Rihanna, quanto piuttosto di un amante segreto nascosto) e non lo sapevamo. Abbiamo avuto il grande privilegio di saggiarne, senza nemmeno rendercene conto, degli esempi lampanti. Il richiamo, in questo contesto, ai grandi della musica italiana è inevitabile.

Ciò infatti che manca oggi alla produzione musicale è proprio questo.

Ed è un vero peccato, perché molti sarebbero i talenti che potrebbero fare arte pura, con sprezzatura, senza dover sempre costantemente misurarsi con numeri di streaming e incassi vari ed eventuali. Il problema della musica italiana di questi tempi è che è piena di artifizi, piena di tavolini sopra cui menti più o meno diaboliche e mercenarie, si spremono le meningi per fotterci il cervello con motivetti, arrangiamenti e parole inutili, di cui nessuno, a molti anni da adesso, di sicuro e lo vedrete, discorrerà più.

Relax Calcutta
Non parlerei così se certe teste non avessimo avuto la fortuna di conoscerle. Per esempio Lucio Dalla.

E del resto lo sappiamo bene. Di figure riuscite a far vera arte in musica siamo (eravamo?) pieni. Anche un occhio e a un orecchio poco allenato dinanzi a Battiato non può non riscontrare azioni e atti che, come dice Castiglione, “nascondano l’arte” e osservare stupiti “ciò che si fa” costruito “senza fatica e quasi senza pensarvi”. Tutto il contrario di buona parte, ahimé, degli artisti in circolazione.

Per quanto io ami spasmodicamente e in modo quasi morboso le liste, non sto qui a produrne una. Di ciò che, oggi, ha sprezzatura nella musica italiana e di ciò che non ce l’ha. Tutti, chi più chi meno, abbiamo ben chiaro nella nostra testa dei nomi precisi. Chi potrebbe pensare a Iosonouncane, chi a Battisti, chi alle sorelle Bertè, chi a Giorgio Poi, chi ai Fine Before You Came. Non importa e non è questo il luogo.

Calcutta è una figura del nostro panorama musicale che merita una riflessione proprio su questo.

Ho avuto il privilegio di essere un estimatore della primissima ora, sin da quando eravamo in dodici a sentirlo alle feste di compleanno in case private. Metterci cinque anni per produrre un disco, limare ogni minimo insignificante dettaglio, scriver testi come quelli di SSD o Ghiaccioli, cercare produzioni di valore come Myd o Poi, restare fedeli alla propria storica etichetta Bomba Dischi (cosa affatto scontata), resistere alle destabilizzanti aspettative da parte dei fan (e non vacillare alla milionesima persona che ti chiede “Ehi Edo quando il disco nuovo?”), la voglia di osare, testimoniata dal concerto da una serratura a Villa Medici con Nico Vascellari o il live non annunciato sul tetto di mamma Rai, o ancora pubblicare un video su YouTube con Sara ASMR che legge tutti i testi del nuovo disco in ASMR, insomma esser pronti a mettersi in gioco ancora una volta, come si è sempre fatto, con la naturalezza innata e la disinvoltura che lo contraddistingue, sono tutti giganteschi e indelebili punti a suo favore.

Calcutta – Relax [Ascolta qui]
Relax è un disco che non poteva esser chiamato in altro modo se non così.

E non è un invito a seguire il profilo Vita Lenta su Instagram (ma forse anche sì), ma un ricordarci, sussurrando piano, di non avere fretta, di prenderci il nostro tempo, di non correre, ci dice “ehi tu, fermati un pochino qui con me”.

È stato stimato che i frequentatori di mostre e musei passano mediamente soltanto cinque secondi davanti a un quadro. Ma cosa si potrà mai vedere in cinque miseri secondi? Quel pochissimo tempo trascorso davanti a una fetta di arte pura ottanta centimetri per sessanta altro non è che lo specchio del tempo che dedichiamo a tutto ciò che ci circonda. Frivolezze e priorità non importa.

E allora ecco un bellissimo coro degli alpini, suonato insieme a Branco dei Phoenix, dedicato al coro SAT e undici scintillanti e delicatissime tracce in grado di stracciare convinzioni, portare a galla ricordi, fare rumore, portare pace, tra dissing a Jova che deturpa spiagge, arrangiamenti anni ‘70 da capogiro, lacrime che scorrono e leggeri sorrisi, a tratti pure un po’ dolceamari.

Senza ombra di dubbio Relax finora è il disco più riflessivo del nostro che, ancora una volta, si conferma uno dei migliori sul campo.

Vi avverto. Leggerete in giro di tutto. Ma voi fate finta di niente. Se necessario spegnete tutto. Quindi fatevi un tè bancha, chiamate Alexa, spegnete la luce, pronunciate il nome del disco (anche sussurrando se necessario, tanto lei vi risponderà allo stesso modo), mettetevi comodi e, semplicemente, ascoltate e basta questa adorabile sprezzatura inattesa.

Relax.

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