“Femmina” di Rareş: il suono che celebra l’umano

Credo sia una divertente coincidenza ascoltare il disco firmato da Rareş Gabriel Cirlan nel periodo dove, per antonomasia, si festeggia la resurrezione. Prima ci sono stati un long play (“Curriculum Vitae“) a cui la pandemia ha tarpato le ali e un EP (“Folk_2021“); ora è tempo di fagocitare tutto con la luce di una bellezza universale e inclusiva: ciò che irradia “Femmina“, nuovo album di inediti licenziato da Neednt e Panico Concerti.

Curve e spigoli del sinuoso “Femmina”

È noto, sono stati anni complicati per tutti; a prescindere da quanto un dolore sia condiviso (e collettivo) resta sempre la difficoltà soggettiva nel venirne fuori. Rareş compie il suo personalissimo rito nello spazio d’ascolto di tredici tracce, stropicciando quanto creato in passato per restituire al fruitore una nuova, individuale, visione del suono: canzoni che vivono d’urgenza, che scendono negli abissi solo per sporcarsi quanto basta e risalire la china cariche di rabbia e splendore.

Sono lo specchio di un ragazzo cresciuto tra Veneto e Romania, che miscela generi e parole in modo disinvolto; metafora dell’acqua che non conosce confini e permea dove può, seguendo le sue leggi. Sul versante testuale si avvicendano italiano, rumeno, inglese e francese, spaziando fra sussuri, masticature, parole grevi e registri alti. Costruzioni lirche all’apparenza sconnesse,dove in realtà si gioca con la capacità modulare delle lingue per creare qualcosa di nuovo, scevro da pudori e riverenze dei protocolli sociali.

Rareş – Femmina [Ascolta qui]

Tale voglia di spingersi più in là (“più in là, più in là, più giù” semicit.) è glorificata dai suoni, dove Rareş scatena forze ed emancipazione creativa. Elettronica satura, sintetizzatori acidi, colpi di rullante e hi-hat da manuale hyperpop, sensibilità acustica e analogica: nulla manca all’appello, ogni cosa è al suo posto. Nelle increspature delle incisioni c’è spazio per divertirsi, per lasciarsi prendere la mano fino a godersi quella cosa santa che si chiama felicità: sfido chiunque a non sentirsi scuotere da tali pulsioni su “JK“.

È proprio in questa capacità di trasmettere emozioni e amplificare l’empatia che la “Femmina” di Rareş mostra la sua bellezza estatica; gli opposti si annullano, creando un piano di policromie dove l’essere umano torna a (ri)conoscersi nelle sue funzioni vitali.

Urgenze espressive in un lavoro collettivo

Come affermato dal diretto interessato, il modus operandi che ha portato a concretizzare questo album è stato improntato su una certa spontaneità e immediatezza. Al contempo, non sono mancate mani esterne che hanno contribuito a meglio definire i tratti somatici di ogni brano. Vale la pena menzionare Novecento, Redmattre, Andrea Turone e Marco Giudici (che abbiamo recentemente apprezzato) per l’essenziale supporto alle produzioni.

“Femmina” è un disco che mette a ferro e fuoco il presente, risultando arduo da eguagliare nei suoi intenti; Rareş alza l’asticella con proiettili che feriscono a bruciapelo, spogliandosi di crismi autoriali per crogiolarsi nel divertissement, sperimentando soluzioni espressive poco battute.

Punk nella necessità di buttare tutto fuori nel più breve tempo possibile, egualitario nella dignità accordata a ogni elemento delle sue canzoni: la massima celebrazione di tutto quello che gravita attorno a Venere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *