Se hai ascoltato “Gli anni di Cristo” di Mobrici, ti sei sentito più capito

La magia che si può instaurare tra un cantautore e chi ascolta la sua musica, mi stupisce sempre molto e risulta talmente forte e ben riuscita quando sembra crearsi tra i due una sorta di seduta psicologica comune dove ognuno è paziente e analista di se stesso e dell’altro, i problemi sono talmente connessi e sfumati tanto da non capire più a chi appartengano e nessuno dei due è più così solo. In “Gli Anni di Cristo”, nuovo disco di Mobrici, presentato al Cinema Orfeo di Milano qualche settimana fa (moderato da Carlo Pastore), Matteo pone i suoi dubbi al pubblico cercando risposte nelle loro chiavi di lettura.

Da “Anche le scimmie cadono dagli alberi” è passato poco più di un anno ma Mobrici (ex frontman dei Canova), ormai 34 enne e al suo secondo disco da solista. Dopo aver accettato l’infallibilità umana nel primo disco, attaccato ancora alla spensieratezza dell’età giovanile, sente sempre più la responsabilità della vita pienamente adulta, tanto da passare a un secondo livello e mettere in musica tutti i suoi dubbi in un disco manifesto fin dal titolo “Gli Anni di Cristo” (uscito il 31 marzo per Maciste Dischi, prodotto da Federico Nardelli).

Incertezza e spensieratezza, rétro nostalgia di un amore ancora non incontrato e libertà sessuale; uno yin e uno yang, incarnate in undici canzoni ad alternanza, secondo un menù fisso che mette sul tavolo insicurezze, seguite da un’energica spensieratezza come medicina a cui far ricorso. Questo continuo binomio ricade anche nel sound che passa da ballad, pop cantautorale anni ’80, indie rock, garage) senza tralasciare però mai l’animo romantico.

La responsabilità sta nel fare ciò che non desideriamo? Mobrici, qualche giorno fa, ci ha detto la sua, che poi coincide anche con la nostra:

Mobrici – Gli Anni di Cristo [Ascolta qui]
Ciao Mob. Cosa ci dici?

Finalmente sono un po’ più rilassato. Ho ascoltato tanto questo disco da solo e ora non è più mio.

Un’altra chiave di lettura del disco. Vedrai ora anche quello che ascoltano gli altri.

Questa è la cosa più bella perché io quando scrivo canzoni, lo faccio ascoltare a una cerchia ristretta. Adesso arrivano complimenti da un bel po’ di gente e l’approccio è più completo; però per arrivare qua ci vogliono un bel po’ di mesi. Per questo oggi mi sento più leggero. Sì ci saranno i concerti, ma non ho questo peso del macigno. Sono già pronto per nuovi viaggi.

Sei già al lavoro per nuovi pezzi?

In realtà, già questo disco, l’ho scelto su 35 brani. A me piacciono gli album dove le canzoni hanno temi che non si ripetono, specialmente anche testuali. Devono sembrare una specie di “Best Of”. I miei album sono dei “Best Of” delle canzoni che ho scritto in quel momento, degli album che mi piacevano di più e mi rappresentano totalmente. Tutti gli altri, chissà se verranno cestinati o recuperati un domani, in genere non lo faccio perché preferisco essere più vicino alle mie robe del presente. Questo disco, ho finito di registrarlo a gennaio e l’ultima canzone l’ho scritta proprio a Gennaio ed è Sexe. Quando è così ti rappresenta a 360 gradi.

Quindi “Sexe”? Sostiene l’amore un po’ più easy ma ha una produzione davvero interessante e tutt’altro che leggera. Sarà l’inizio di un filone nuovo dal punto del vista del sound?

Io scrivo le canzoni, anche arrangiandole, dandogli già un sound immediatamente. Non sono entrato in studio con i brani chitarra e voce, ma li ho portati già nati con tutto. Sexe è la mia prima “non canzone” e non rispetta gli strati che deve avere una canzone pop. Sta su un’unica nota che è DO, per tutta la sua durata. Volendo parlare solo della libertà di un atto sessuale, volevo che anche la musica rispecchiasse la fisicità, avesse dei picchi di volume anche un po’ nervosi e che il testo fosse attaccato a quello di cui parlo.

Vuoi venire con me?

Nel disco ti fai portavoce della continua lotta che c’è in te stesso tra l’essere libero e il senso senso di responsabilità e quindi il dovere essere incasellati negli schemi della quotidianità che ci passano come normali. Ma quindi tu alla fine, da che parte stai?

Figli del Futuro è una canzone piena di dubbi. Metto solo in luce il mio pensiero adulto ma anche abbastanza spaesato. Cerco un conforto da chi ascolta la canzone ed è un pensiero che non avrei mai potuto avere qualche anno fa. Ho un pensiero della vita di qualche amico che prosegue. Mi son domandato se questa cosa sta bene su di me che sono a volta anticonformista sul modo di vivere, lavorare, fare.

Sono sempre stato molto libero e questa cosa di far il musicista è un impegno che prendi con te stesso. È una cosa che ti costruisci da solo, vivo giorno per giorno, per questo l’impegno della vita di un figlio, in questo momento mi sembra un po’ incosciente. Ma poi alla fine penso:

Noi che cosa siamo se non figli di qualcuno

Quindi non capisco dove stia la ragione. Il mondo non mi sembra molto pronto ad accettare nuovi ingressi. Probabilmente è una considerazione dovuta anche al lavoro. Questa precarietà che c’è che può durare magari anche tutta la vita e non ti dà quella spensieratezza economica di dover pensare a qualcun altro un domani. Ognuno giustamente pensa a come sopravvivere di giorno in giorno.

Credi che questa normalità e quotidianità possa coesistere con le vite artistiche?

La normalità non esiste. Il bello è che devi seguire tu quello che pensi, senza che uno ti iscriva a un’università o altro. Una volta che abbiamo finito tutte quelle tappe obbligatorie che abbiamo alla nostra età, dalla scuola all’università, dopo sono cazzi tuoi. Lì non c’è un normale, sei tu che in base alla tua cultura e in base a come vivi la vita e vedi il mondo, in base a chiusura e apertura mentale, devi prendere le decisioni. Siamo figli delle nostre scelte e l’importante è prenderle con coscienza, per non aver rimorsi e essere una persona risolta.

Passando in rassegna il disco: Come mai hai deciso di chiamare quella ragazza Luna e poi alla fine c’è una voce che la chiama da lontano?

Non lo so perché. Mi è venuto in mente proprio il giorno dell’uscita dell’album che quella palla gigante potrebbe essere una luna; me l’ha fatto notare Fulminacci. Quando ho messo le mani sul piano ho subito detto: “Luna cammina guardandosi appena le spalle” è una canzone nata in 6 min. Non penso si chiami così nella realtà, ma quello è il primo nome che mi è venuto in mente. Magari scoprirò più avanti il motivo.

La voce che la chiama alla fine è il grande dramma finale fatto anche su Anna Meraviglia, forse l’ho un pochino rubato da Rino Gaetano che usava voci che entravano a gamba tesa nel brano. Faceva parte della narrazione della canzone di uno come me che andava a rincorrere questa ragazza da qualche atto strano che dice “ci sono io con te non ti preoccupare”.

Parlando delle collaborazioni: una delle canzoni più sentimentali l’hai fatta con Vasco Brondi. Sentivi la sua voce perfetta per questa canzone, ma c’è un altro motivo perché hai pensato alla sua figura?

Vasco ha tanti punti di forza. Avrebbe scritto un bel pezzo e l’avrebbe interpretato bene. Il suo modo metrico e serrato di cantare nel suo stile, lo sentivo proprio in questa canzone e gli ho detto “guarda fai tu, non voglio minimamente mettere parola su quello che farai”. A lui è piaciuta e in un giorno ha scritto le sue parti e l’abbiamo registrate. Nel video si nota ancora di più la naturalezza che c’è tra noi cantanti, come del resto lo era stato con Brunori Sas in Povero Cuore.

Amore Mio dove sei è un brano che sta in piedi con emotività, non ha bisogno di altro. C’è un gran trasporto tra di noi e il successo del brano è essere riusciti a far cose così.

Per i videoclip hai in mente qualche cortometraggio?

Non sono fan dei videoclip, a meno che non siano così geniali da cambiare una società. A me piacerebbero dei video-live e mi piacerebbe alle date avere un video di Kaiserkeller. Mi piacerebbe portare le camere in un club e cercare di stampare nella mia storia quella mia emozione col pubblico. Il live è un momento in cui riusciamo ad avere entrambi le emozioni.

A proposito di Kaiserkeller

Ci ritrovo tutti gli ascolti che ho fatto nella mia vita di band inglese e esser riuscito a far una canzone così in italiano, mi rende molto felice. La parte testuale è ovviamente molto più semplice ma era il mio obiettivo che il sound facesse da padrone.

Come ultima canzone hai messo l’altra collaborazione-capolavoro, Stavo Pensando a Te (cover di Fabri Fibra), che troviamo anche nella serie “Fedeltà“. È stata una scelta strategica metterla alla fine?

È uscita un anno fa a livello discografico. L’ho messa alla fine perché è uscita da un anno e perché è una cover. Se fossimo stati nel ’95 avrebbe avuto una parentesi con scritto “bonus track”. Io ci conto che seguano la mia decisione di successione, poi ognuno sceglie come vuole nel digitale, comunque questa canzone mi sembrava quella più esterna alle altre.

Quindi anche featuring con Netflix..

È nata come collaborazione a caso. Al regista era piaciuta la versione su Youtube. Hanno chiesto di inserirla e abbiamo detto di sì. Mi fa piacere perché senza la spinta della serie, forse non avremmo deciso di inciderla discograficamente. Questo ha dato un’altra botta di popolarità a quella versione e abbiamo deciso di pubblicarla. Ha vinto la richiesta del pubblico. È una cosa che ci è sfuggita dalle mani, nata in un pomeriggio scazzato, Fulminacci alla chitarra e io al piano per divertimento. Anche questa cosa è un successo: frutto del caso, amicizia, una cosa naturale e una passione per una bella canzone.

Non suono molto le canzoni di altri, però quando mi capita di sentirmi bene delle canzoni di altri, quando suono Stavo pensando a te, mi sembra un pezzo mio in cui ho totalmente trasporto su quello che hanno scritto, che è quasi mia.

Dibattito Meta-Siae: credi sia arrivata troppo tardi questa decisione? O alternativamente se fosse arrivata prima avrebbe cambiato le sorti della categoria indie, che è nata un po’ grazie alle condivisioni e non grazie alle etichette?

In un internet così legale, rispetto agli scaricamenti di qualche anno fa dove c’era gente che traduceva e convertiva i cd in file audio e li condivideva su piattaforme pirata, oggi la discografia proprio grazie al web è più accessibile. Ora che è tutto legalizzato credo sia qui giusto riconoscere il valore di accordi come quelli fatti con Google o Tik Tok. Penso anche che sentire la mancanza della musica italiana sui social possa innalzare questo bisogno di musica che c’è. Un po’ mi piace questa idea qua che diventi meno accessibile però è anche vero che non è possibile che abbiamo tutto il repertorio straniero e non quello italiano. Credo che faranno un accordo.

C’è un trend parallelo alla carriera artistica che molti artisti anche indie hanno scritto e scrivono per altri. C’hai mai pensato? E partecipare a Sanremo?

Loro lo fanno come mestiere. Io non scriverei mai una canzone PER: per Sanremo, per l’estate… Faccio musica per me stesso poi, che venga pubblicata è una soddisfazione a parte ma non vivo la musica con obiettivi professionali. Se dovessi andare a Sanremo con un mio brano, e potrebbe succedere, sarà un brano come altri, scritto dalla verità e cambierà solamente la vetrina e la location. Non lo farei mai in visione di qualcosa, sarebbe dare uno schiaffo al mio passato, in cui ho costruito entità che si fa i cazzi suoi. Se dovessi entrare in un sistema così, mi farebbe anche piacere ma lo farei coi miei vestiti.

Poi.. tu che tratti sempre di amore. Mi sono imbattuta anche in un libro in libreria che parla dell’impossibilità di stare insieme a una persona con gusti musicali opposti. Pensi che potrebbe essere realizzabile?

Probabilmente non starei nemmeno con una persona che mangia carne, ma sono molto particolare ahah. Ho dei gusti molto complessi. Non mi è mai capitato di stare con qualcuno coi gusti più larghi dei miei, ma anche se fosse così sarebbe un bello scambio. Non è di certo quello che potrebbe ostacolare il rapporto. Magari sbaglio io e proverei ad ascoltare queste scelte, anche chi non mi arriva tipo (XX) e valuterei, ma non andrebbe a modificare il rapporto.

Concerti: Una bella vittoria far sold out nella settimana del Salone del Mobile di Milano. Ci sarà qualche ospite?

Meno male ho fatto sold out prima. La gente non lo sa e ora venderà tutti i biglietti. Bob Dylan sarà ospite e faremo insieme ManzarekNon vuole cellulari quindi questo feat. non verrà registrato. Solo i presenti che non saranno al Salone del Mobile godranno di questo feat. (ridendo)

Mobrici sarà accompagnato sul palco da Valerio Mina (basso), Paolo Carlini (chitarra), Matteo Lorenzi (batteria) e Francesco Pellegrini (chitarra). Due live sold out: ai Magazzini Generali di Milano il 20 aprile e a Roma al Monk il 18 aprile.

Per chi non è stato rapido nell’accaparrarsi il biglietto, ci sarà la grande chiusura del 30 Novembre all’Alcatraz (biglietti qui!)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *