“Allegria maldistribuita” dei ROS: un graffio post-itpop

Allegria maldistribuita” è il primo album dei ROS. Dal punto di vista strettamente analitico è un disco di dieci tracce, meno di trenta minuti di musica. Il power trio toscano propone una buona amalgama tra una componente musicale caratterizzata da sonorità rock grezze e una forte carta d’identità punk nella narrazione testuale. Nulla di cui stupirsi se la band fa già parte dei vostri ascolti ed una piacevole e rumorosa novità per chi di solito naviga in acque più tranquille. Una matrice testuale punk dicevamo: raccontarsi, rivendicare il proprio posto nel mondo e boicottarne i bulloni fuori posto.

E no, non avete letto male il titolo di questo articolo: è un lavoro maledettamente indie. Anzi, è un graffio post-itpop. Lo è nella ricerca spasmodica di semplicità, nell’essere completamente a fuoco e calato nei giorni comunemente vissuti. Il disco dei ROS, senza fronzoli e con coordinate piacevoli e riconoscibili, ricorda quel bisogno di essere “qui, ora” senza imbellettarsi il viso o ricorrere a ulteriori effetti musicali “wao”. Se dobbiamo mandare qualcuno a fanculo dobbiamo farlo perché se lo merita, non perché fa moda. La deriva narcisistica dei “son troppo bello” o del “io ho tutti i problemi di questo mondo” andrebbe riportata all’ovile della sincerità, non devalorizzando il valore del disagio e della protesta. I ROS non si sono denaturati, non hanno ceduto a facili sponsorizzazioni. Non va ricordata ogni volta la loro partecipazione a X Factor: e quindi?

ROS – Allegria maldistribuita [Ascolta qui]
Domanda iniziale provocatoria: è il vostro primo disco… ma ha ancora senso pubblicare un album nell’epoca dello strapotere del singolo?

Dipende per chi deve averlo il senso: per il mercato forse non abbastanza, per noi moltissimo. Ne avevamo bisogno noi prima di tutto, è stato un vero e proprio sfogo liberatorio. Poi sta agli altri decidere se ascoltarlo o meno, sicuramente la velocità con cui si muove la musica oggi non aiuta l’ascolto dei dischi, ma noi sotto al palco ci vogliamo chi ha ancora voglia di farlo. Quindi sì, ha senso.

So che è una domanda a cui avete già risposto… ma perché avete deciso di intitolarlo “Allegria maldistribuita”? È stato un nome ragionato o c’erano altre possibilità?

Non ci sono mai state altre possibilità, è nato così di getto insieme alle canzoni e rappresentava improvvisamente il mood che volevamo. Abbiamo amplificato le emozioni che ci tempestano ogni giorno e ci siamo accorti che sono tante e contrastanti: sfidandole una ad una abbiamo capito che un pizzico di allegria resta, ma maldistribuita.

“NormoSuper” è il bisogno di uscire da schemi prestabiliti, la rabbia contro l’omologazione. Nell’epoca del “tutti belli, tutti bravi” e della dittatura degli algoritmi social, essere artisti “contro” è ancora più difficile? Che ruolo sentite di avere?

Abbiamo deciso di fare uscire “NormoSuper” come primo singolo proprio come atto di rottura. L’arte dovrebbe essere la cura contro il sistema, invece ne sta diventando sempre più parte. E quindi abbiamo capito che se volevamo staccarci, dovevamo farlo più forte che mai. Il tema dominante nel disco è distruggere degli schemi sociali che ci stanno consumando.

ROS
Mi lego in qualche modo alla domanda precedente: che rapporto avete con la provincia? Quanto ha influenzato la vostra “indipendenza” umana e musicale? La provincia è “punk”?

In provincia ti annoi così tanto che a un certo punto hai bisogno di trovare un capro espiatorio: per noi è stata la musica. Ci siamo approcciati ai nostri strumenti in cerca di adrenalina per sfogarci, esprimerci, evadere. Quindi sì, se il punk come dice Kurt Cobain è “dire, fare e suonare quello che ti pare” la provincia è punk. E in un posto silenzioso, fuori dalle influenze e dalle distrazioni metropolitane, i sogni si sentono ancora più forte.

“Non importa se non sono più la stessa… e se cammino un po’ più storta…ma adesso tienimi” avete mai avuto paura di fallire (intesa come incapacità di non riuscire a trasmettere al pubblico le vostre emozioni”? C’è stato un momento in cui avete pensato fosse tutto inutile? Cosa vi ha “tenuto”?

La prima regola di questo mondo è “Mai avere paura”. Se ne avessimo avuta, forse questo disco, così sincero e grezzo, non sarebbe mai uscito. Ma sì, abbiamo avuto momenti di fragilità fino ad arrivare a pensare che nulla avesse più senso. Ed è forse in quel momento che il verso senso lo abbiamo trovato: farlo solo per noi. E la musica è diventata il modo per trasformare il caos in qualcosa di un po’ più bello, da urlare su un palco con tre strumenti davanti a tre o mille persone.

Mi collego alla precedente: “Emozioni in maggiore”. Perdonate l’entrata a gamba tesa: il testo mi ha ricordato molto “Sparire” dei Cani. “Ma è solo un posto sicuro il mio più grande desiderio” è come “perché pure a sparire ci si deve abituare”. Che rapporto avete con gli addii e i rimpianti? Avete imparato a far sparire qualcosa che sembrava indispensabile?

Beh grazie, sicuramente i Cani sono un rimando autoriale che ci fa onore. “Emozione in maggiore” è una canzone disperata, è una canzone in crisi. E quando sei in crisi, vorresti solo “sparire”, appunto. Gli addii e i rimpianti forse non riusciamo tutt’ora ad accettarli, ed è proprio per questo che, tornando al discorso di prima, abbiamo sentito il bisogno di scriverci una canzone. Ci ha dato un’inaspettata speranza: da voler “sparire”, siamo tornati a voler “sperare”.

Guarda l’Home Session che i ROS hanno registrato per noi

La vostra è musica narrativa: storie raccontate che lasciano sempre un retrogusto amarognolo. Sarebbero perfette per accompagnare immagini. Quale traccia scegliereste come colonna sonora di un film? Quale sarebbe il film?

Ci piacerebbe vedere “Che bello”, la più provocatoria, accompagnare un film cult. Uno pazzesco come “Kill Bill”, anche solo per l’assonanza del titolo e per il retrogusto sanguinolento.

A proposito di narrazione: “volevamo suonasse come se fossimo su di un palco a volumi altissimi”. Come (e se) sarà cambiato l’artista ed il pubblico che si approccia ai live post-pandemia? Il legame magico si è rafforzato o in qualche modo si è sublimato in qualcosa di nuovo?

La nostra speranza è che torni ancora più forte. La musica per noi è prima di tutto energia, e il pubblico diventa parte integrante di questa energia. È un disco scritto per essere suonato, urlato e condiviso, quindi vogliamo credere che sarà così. I concerti, invece che separarci con sedie distanti tra loro, devono tornare ad unirci. Come prima, ma ancora di più.

Con chi vorreste collaborare? Scegliete un partner per una cover di “Ballata per chi non sa ballare” e un artista per coverizzare (ma senza di voi) “Vaffanculo”

Per la “Ballata per chi non sa ballare” scegliamo Divi, il primo che ha creduto in questa canzone e che l’ha capita a pieno. “Vaffanculo” invece vorremmo sentirla in una versione alternativa cantata da Cosmo, un artista di rottura come piace a noi.

Come suonerà “Allegria maldistribuita” tra dieci anni? Sarà come un buon vino?

Chi può saperlo. Sicuramente suonerà vero: lo abbiamo scritto e suonato con il cuore, senza impalcature di produzione, senza voler essere alla moda. Lo suoneremo fin quando non lo avremo consumato, e poi ne scriveremo un altro.

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