Frisino presenta il suo “Italian Touch”: un disco libero da ogni moda

Ho avuto il piacere di essere stata invitata alla presentazione del nuovo album di Frisino, in una Bologna che ancora poteva respirare libera dalla psicosi collettiva che ci avrebbe colpiti qualche giorno più avanti, l’evento era all’interno del cinema Medica, esattamente nella hall. Un’esperienza molto intima che non avevo mai vissuto prima, eravamo una ventina seduti sui divanetti. Davanti a noi un timido Frisino che ha sciolto subito il ghiaccio e ha coinvolto tutti con la sua spontaneità, in una fantastica formazione a tre (con tastierista e violoncellista).

Italian Touch di Frisino – al secolo Antonio Frisino – è un disco uscito per Garrincha Dischi e che inaugura una nuova fase della produzione dell’artista. Italian Touch è un album da sfogliare, canzoni come fotografie che, pagina dopo pagina, svelano lo sguardo profondo del cantautore pugliese trapiantato a Roma. Un titolo naïf dal sapore vagamente ironico, che racchiude un mondo romantico, sospeso nel tempo. Gli Otto brani nascono da disillusione e solitudine, ma anche da voglia di primavera e di libertà, nella ferma promessa di tenere fede al proprio gusto, senza abbandonarsi ad alcuna moda fugace.

Foto di Victoria Torresi
Frisino, che già con il precedente lavoro “Tropico Dei Romantici” è stato segnalato tra i cantautori italiani da tenere d’occhio nel futuro, nasce in un ambiente fertile di esperienze, in cui si mescola con variopinti ambiti artistici.

Cresce ascoltando dosi massicce di Paolo Conte e frequenta scenografi e scultori locali, scoprendo presto quello sfrenato amore per la contaminazione, che lo porterà ad esplorare l’interazione con altri linguaggi. 

Manifesto di questa ricerca artistica a tutto tondo è anzitutto l’artwork firmato da Stefano Bazzano, capace di catturare una serie di scatti onirici, in cui Roma si trasforma in un’abbagliante opera metafisica su cui si staglia la figura di Frisino. E, ancora, non è un caso se in Italian Touch l’autore si rivela regista della parola, trasforma le immagini quotidiane in strofe e ritornelli, racconta storie che scorrono come fotogrammi in Super 8.

Il connubio tra Musica e Cinema prende definitivamente forma grazie all’incontro con il cineasta Marco Santi. Il risultato è Geranio, un progetto crossmediale scelto dal prestigioso festival See You Sound di Torino per il suo carattere innovativo, capace di superare con originalità il tradizionale concetto di videoclip. 

Foto di Victoria Torresi

Ecco cosa ci ha raccontato…

Chi è Antonio Frisino e cosa fa quando non scrive?

Ho da poco compiuto quarant’anni, faccio l’impiegato per una società che si occupa di energie rinnovabili, sono papà di un bambino di sei anni. Cerco sempre poi di scrivere e di fare musica, faccio salti mortali tra permessi e ferie e riesco in qualche modo a suonare anche in giro.

Parliamo di Bologna, Roma e Lecce. Queste città sono stati dei punti fondamentali per la tua vita…

A Lecce ho studiato e mi sono laureato in scienze politiche e relazioni internazionali ma la musica mi ha sempre accompagnato in tutti questi anni. Facevo tutt’altra musica, ho sperimentato vari generi. A Roma sono arrivato dopo qualche anno per il lavoro. All’inizio la società per cui ho lavorato mi aveva dato una stanza d’albergo dove ho vissuto per due o tre mesi. Anche nel fine settimana ero lì. In seguito Roma è diventata altro per me, una scenografia per incontri umani.

Termini, che è appunto una canzone del disco, nasce perché per tanto tempo ho frequentato quella stazione, fino all’anno scorso partivo continuamente e la stazione era il luogo dove ogni venerdì mi trovavo per andare a trovare mio figlio che vive a Firenze oppure per andare a Bologna. Spesso mi chiedevo che pensieri facessero le altre persone intorno a me che viaggiavano e andavano chissà dove. A Bologna ho dedicato “San Vitale”, al numero 58 frequentavo una casa che poi è diventata una canzone. Mi sembrava la città più bella del mondo e l’ho amata fin da subito.

Italia Touch è il titolo del tuo secondo album, il titolo può sembrare slegato dai brani ma in realtà è frutto di contaminazioni di vari mondi…

In realtà stavo pensando a quale titolo dare a questo disco è mi è balzato così all’istante, è come se l’avessi visto. Mi piace mischiare i mondi tra di loro, i testi. Questo disco può parlare anche di un sentimento universale, quello di sentirsi italiani. Mi sono sentito molto libero perché è nato dopo momenti di solitudini, di dispiaceri e di abbandoni. La risposta è stata negli incontri psicoanalitici con Pietro Paroletti. Andavamo in questo studio in provincia di Roma e lì passavamo i pomeriggi in maniera molto rilassata. I nostri ritmi erano lenti e abbiamo usato i suoni che volevo secondo il mio gusto, mi sono sentito libero di esplorare la mia strada.

Foto di Victoria Torresi
Parliamo di Fika Futura

Quel pezzo è nato nella metro di Roma. Ero in ritardo e volevo vedere la mostra di Marina Abramovic. Un po’ mi sono ispirato a lei ma anche ad un libello che c’era negli anni 80-90 che avevo letto. Era un opuscolo cyber femminista con una serie di vademecum e comportamenti da avere. Quindi memore di quel periodo, ho dato a questa canzone un titolo provocatorio e ironico.

Supererò è invece dedicata a tuo figlio…

Quando ho scritto questa canzone, mi sarebbe piaciuta cantarla in dialetto napoletano perché gli accordi ricordavano un po’ qualcosa di Pino Daniele. Poi i miei amici napoletani mi hanno detto che non era il caso e l’ho riadattata. Di sicuro è nata in un periodo per me di grande sofferenza, è un brano intimo e liberatorio. Parla di un bimbo supereroe che mi salva, però la distanza e la separazione mi hanno portato a dire quello che poi dico nel testo…

Mare è invece dedicata a tuo padre…

Voglio in primis dire che mio padre è vivo (ride, ndr). Probabilmente mi ha maledetto dopo aver ascoltato questa canzone. Comunque inizialmente nella bara avevo messo mio nonno, che poi è un’immagine che realmente ho vissuto. Le immagini sono volutamente pensate per saltare da un posto all’altro, è stata una canzone molto sofferta anche questa, difficile da suonare anche.

Foto di Victoria Torresi
Passiamo al video di Geranio che è stato anche scelto da SeeYouSound di Torino ed è nato dalla collaborazione con Marco Santi. Come vi siete incontrati?

Marco Santi è il regista del video, la collaborazione è nata perché io mi sono invaghito del suo modo di lavorare e l’ho contattato sul web. Termini è il backstage del video di Geranio, le idee sono nate in maniera naturale. Volevo che fosse qualcosa di diverso dal solito video musicale ed è venuto fuori un corto vero e proprio. Poi le idee di grafiche vengono dalla direzione artistica di Stefano Bazzano, noi parliamo la stessa lingua.

Il tuo è stato un ritorno d’impatto anche rispetto al disco precedente uscito un po’ di tempo fa. Quali erano le tue aspettative e i tuoi timori?

Non ho avuto timori, non ho mai smesso di scrivere canzoni. Nella mia vita sono successe diverse cose e ho vissuto questi anni facendomi le spalle più larghe, ho lavorato per fare un disco che piacesse per prima cosa a me, che fosse libero da ogni tipo di moda, di sigarette, di telefoni.

Di sicuro il tuo album arriva diretto e sincero, come sei tu…

Ai posteri l’ardua sentenza! Io sono molto sereno, dopo aver vissuto tante cose e aver fatto anche un percorso di analisi per ritrovare una mia adrenalina emotiva, ho scritto questo disco. Concludo dicendo che la musica che faccio è quello che sono come persona, non ho voluto mai snaturarmi e sono rimasto fedele a me stesso.

Ascolta qui l’album di Frisino

Le foto sono di Victoria Torresi

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