Maestro Pellegrini: “Bisogna accettare la propria fragilità”

Spesso una canzone viene definita “pezzo”: “ascolta questo pezzo”, “metti su quel pezzo nuovo”. Vi siete mai chiesti perché? Oggi provo a darvi una risposta. Sarà banale, ingenua o geniale, ma secondo me una canzone viene definita “pezzo” perché racconta un pezzo di vita, di una storia, di una giornata. Ebbene “pezzo” è una parola che ha un retrogusto di frammentarietà e dunque di fragilità. E poi c’è la musica, che prende i pezzi e li ricompone, li riordina e li riconsegna, a chi sente che poi, gli mancava qualcosa. Oggi parleremo di un progetto discografico che ha preso la fragilità e l’ha ricomposta. Si tratta di Fragile, diviso in vol.1 e vol.2 e firmato Maestro Pellegrini.

Vol.1 è un primo momento di un viaggio che vede il Maestro Pellegrini intraprendere un percorso solista. In questo primo volume non mancano però le collaborazioni, con Lodo Guenzi nell’irriverente brano Semplice e con Giorgio Canali e Appino nel brano Cent’anni. Scelte azzeccate, se consideriamo quanto le rispettive voci riescano a incastonarsi molto bene all’interno dei brani.

Vol.2 invece è molto più personale, seppur seguendo la già tracciata strada autobiografica. Insomma Maestro Pellegrini si fa narratore di una fragilità cristallina. Ma non nel senso che è facile da infrangere, ma nel senso che è preziosa e dunque da salvaguardare, come qualcosa di raro.

Dunque, ne abbiamo parlato col Maestro ed è andata così.

Iniziamo con una domanda difficile. Maestro Pellegrini è il suo nome d’arte. Lei si sente più fedele alla persona Francesco Pellegrini o al personaggio Maestro Pellegrini?

(Ride, ndr) Bellissima questa domanda! Molto attuale: in questi giorni sono stato in giro a suonare e ho scherzato proprio sul fatto che ormai io venga chiamato più spesso Maestro che Francesco, mentre prima Maestro era il soprannome che mi ha dato Andrea (Appino, ndr) e dunque i fan degli Zen. Questo riguarda l’esterno. Se la mia personalità fosse divisa in due, sarei impazzito (ride, ndr). Credo di essere abbastanza sano di mente, sono Francesco Pellegrini, Maestro è un nome d’arte. Il mio rapporto col modo accademico è di amore e odio. Non sono ancora diplomato. Ma ho studiato tantissimo musica. Inoltre tengo dei laboratori di scrittura musicale, dunque il fondamento di verità c’è anche in questo soprannome. Mi sento comunque Francesco Pellegrini.

Parliamo di Fragile vol. 1. Un brano in particolare mi ha suggerito questa domanda: è nella musica che si nasconde la verità?

Potrebbe. La musica è uno dei linguaggi in cui spesso si è deciso di racchiudere delle verità. È un dato di fatto, la musica è stata usata anche un po’ come codice. Ma in realtà la musica non ha un significato univoco. Io personalmente so di cosa sto raccontando, ma c’è un filtro di tecnica di scrittura e volutamente mistificatorio, che lascia spazio a più interpretazioni.

Inattaccabile. Di questo brano ho evidenziato subito questo verso: siamo fragili come le lacrime; quindi fragilità è sinonimo di trasparenza, di un qualcosa che non si può nascondere?

La fragilità è spesso sinonimo di sincerità. Nel senso, l’essere umano è fragile di natura e vive in un mondo sempre più complicato. Quindi sì, fragilità è soprattutto trasparenza. In quel brano parlo di mia sorella, a cui sono molto legato; parlo della nostra infanzia. Bisogna accettare la propria fragilità, ma proprio come specie: i superuomini hanno un po’ rotto i coglioni, insomma. Oggi più che mai.

Maestro Pellegrini, per concludere, qual e l’album che le ha cambiato la vita, che l’ha folgorato e l’ha avviato verso la musica?

In realtà mio padre è un musicista, inoltre inizialmente mia madre mi ha insegnato chitarra. Ascoltando molta musica già da piccolo, l’idea di fare musica c’è sempre stata latentemente nella mia testa. In seguito mi sono avvicinato alla musica rock indipendente italiana che è quella che ho scelto di sviluppare, ancora prima di iscrivermi in conservatorio. Il disco che mi ha cambiato la vita è Verdena dei Verdena del 2000.

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