Club Dogo: l’annuncio del ritorno è già un’ode alla nostalgia

Con esagerati sold-out ottenuti in pochissimi minuti, possiamo finalmente dirlo: sono tornati i Club Dogo.

Quasi dieci anni dopo Non siamo più quelli di Mi Fist, il trio rap Milanese ha annunciato tre date al Forum di Assago, seguite poi da altre tre, e poi da altre due. Il risultato? Tutto esaurito, tanto che ultimamente ne sono state aggiunte ancora altre due, ma questa volta ad aprile, per un totale di dieci.

A dir la verità era da qualche tempo che venivano sparsi alcuni indizi sul possibile ritorno del gruppo di cerbero: qualche post nostalgico sospetto, seguito poi da una serie di bandiere brandizzate appese nei luoghi iconici di Milano, città che li ha visti nascere e crescere.

Come ogni buon comeback, anche l’hype social ha fatto la sua parte, e i Club Dogo non si sono tirati indietro, coinvolgendo Claudio Santamaria e Beppe Sala, in un cinematografico teaser sulle tracce del celebre film Batman. Uno struggente Santamaria, Commissario Gordon all’italiana, mette in guardia il sindaco: Milano è in pericolo e solo degli eroi come i Club Dogo, possono salvarla. 

E così, come se nulla fosse, un mercoledì di ottobre come tanti altri, qualche migliaio di persone si è connessa per non perdere l’occasione di rivedere Guè, Jake La Furia e Don Joe, finalmente insieme. 

Club Dogo e l’effetto nostalgia

Chi è stato ragazzino alla fine degli anni 2000 conosce bene il fenomeno Club Dogo

Con beat serrati e testi aggressivi, hanno affermato il proprio dominio portando un po’ dello spirito comunitario da collettivo tipico dell’hip hop, negli schemi della musica commerciale. 

Dagli anni di Puro Bogotà, passando per Spaccotutto, arrivando poi al successo di PES, i Club Dogo hanno contribuito alla popolarizzazione del rap, avvicinandolo alla cultura di massa e rendendolo un genere più appetibile, ma soprattutto più accessibile, per un pubblico generalista.

Così facendo sono diventati una sonorità vicina e costante: fuori da scuola, alle serate, sull’autobus, nei dibattiti tra amici e nei pomeriggi in centro. Una hit per volta hanno permeato buona parte di una generazione, dalle prime fasce adolescenziali fino ai ventenni più maturi.

Ed è forse proprio questo il successo del loro comeback, la loro capacità di trasportarci indietro nel tempo, di farci rivivere momenti distanti, passati, lontani quasi sfocati, ma pur sempre accesi. 

Non sarebbero i primi nella cultura popolare a utilizzare il concetto di nostalgia, come canalizzatore di tendenze.

La nostalgia nella pop culture si riferisce infatti, alla capacità di provare un malinconico ma piacevole sentimento di affetto per tendenze del passato, che erano una volta prevalenti nella cultura mainstream.

Basta pensare al mondo cinematografico e televisivo di oggi: quanto di ciò che ci viene proposto non è in realtà un live action, uno spin off, un sequel, prequel o revival di un prodotto già risultato vincente in passato? 

Anche se siamo già tutti pronti a gridare “basta!”, e a farci portavoce dell’importanza dell’innovazione e del cambiamento, nessuno di noi può negare che la nostalgia, quando ben intercettata e ben sfruttata, è capace di aprire un piccolo, caldo e comodo spiraglio nei nostri pensieri, in cui possiamo metterci al riparo. Almeno per un attimo. 

Se nostalgia significa però riaprire vecchi cassetti, e spolverare vecchi ricordi, è pur sempre vero che va saputa maneggiare con cura. La nostra infanzia, adolescenza, gioventù è tanto carica di emotività quanto fragile. Proprio per questo, non tutte le reunion hanno successo. Se il ritorno non rispetta pienamente la capacità emotiva del primo pubblico, il risultato può essere quasi disastroso. Ma quali sono, quindi, gli ingredienti di un degno comeback?

Credibilità musicale (per il primo pubblico)

Prendiamo ad esempio un’altra reunion importante della scena hip-hop italiana degli ultimi anni: gli Articolo 31, duo storico del rap italiano capitanato da J-Ax. Dopo la fine della prima era del gruppo nel 2007, il rapper si è dedicato con non poco successo, alla sua carriera da solista.

Ti Amo o Ti Ammazzo, Deca Dance, poi la collaborazione con Neffa per i Due di picche. Fino all’inizio degli anni dieci, il percorso del rapper è stato caratterizzato da una serie di scelte che si possono considerare discograficamente vincenti. 

Dalla fine degli anni ‘10 in poi, la carriera del rapper invece, è stata segnata sì da un continuo crescendo di successi, accompagnato però da un crescendo di polemiche. Dalla collaborazione con il troppo famoso Fedez in poi, l’opinione si è spaccata: parte del popolo lo ha sostenuto, ha memorizzato i testi, ha ballato le sue hit estive, ma il primo pubblico lo ha fortemente criticato.1

Se consideriamo Gué, frontman ufficioso dei Club Dogo, allora potremmo notare che forse è proprio questa la differenza tra lui e J-Ax

Il primo si è allontanato meno dal genere che lo ha reso popolare. Ha abbracciato completamente le sfera rap, contaminandosi all’interno del mondo hip hop stesso, e entrando solo in punta di piedi e più raramente nel pop commerciale, mantenendo così una certa credibilità musicale agli occhi di chi lo ha sostenuto all’inizio. E non si tratta certo di un giudizio di critica musicale, quanto di una riflessione sulla percezione di chi li ha ascoltati per primi.

Esiste infatti un’ortodossia forte nel mondo rap, una filosofia del o con noi o contro di noi, che rivendica proprio tutto: credibilità, sound, strade.  

Preservazione del brand 

Un secondo ma importante aspetto da tenere in considerazione è sicuramente la preservazione del brand. Ovvero: quanto abbiamo tirato la corda del nostro primo successo? Quanti featuring, quanto ospitate, quanti concerti, quante apparizione insieme abbiamo intrapreso?

Una particolarità dei Club Dogo è sicuramente questa, hanno sfruttato poco – non in maniera assoluta, ma comunque poco – la popolarità che hanno quando si esibiscono gli uni con gli altri.

Hanno portato a termine poche azioni, mirate, solitamente in concomitanza con alcune ricorrenze importanti, senza profanare o macchiare il loro logo di scelte sbagliate, prese in fretta in nome di un rapido successo.  

Questo ha preservato il brand del gruppo, incellofanandolo temporaneamente, e conferendogli, con il tempo, un alone di mistero. Così facendo hanno coltivato un certo desiderio nel loro pubblico. Un’irrefrenabile voglia di sentirli, vederli, amarli ancora una volta tutti insieme, sotto il logo del cane a tre teste. E non è in fondo l’attesa del piacere, essa stessa il piacere?  

Tempismo

Esiste poi il fattore temporale, che è sempre centrale nella dinamica dei ritorni. Certo, a volte l’imprevedibilità della vita non permette di poter programmare nei minimi dettagli quando giocare la carta comeback. E nel frattempo la vita continua, le cose succedono, la musica evolve.

Però, se nostalgia significa ritrovare per un istante quel momento della vita, in cui tutto era ancora davanti, in cui tutto era possibile, bisogna saper individuare quando il pubblico è pronto a recepire il nostro messaggio. 

Un’azione troppo frettolosa perderebbe la sua efficacia: il pubblico è andato avanti, magari sta già ascoltando qualcun altro di più fresco e più giovane. 

Allo stesso tempo attendere troppo, potrebbe significare l’allontanamento quasi definitivo. Certo, riascoltare una vecchia hit ci procurerebbe comunque un senso di gioia. Ma comprare i biglietti di un concerto, ad esempio, è un’azione concreta e costa tempo, denaro e fatica.

Bisogna quindi saper trovare quel punto giusto, quando il tempo è maturo e il pubblico ancora c’è, magari è distratto, ma è voglioso di passare del tempo insieme, di fare parte di una community, di appartenere.  

Club Dogo

Anche in questo, i Club Dogo hanno saputo intercettare il sweet spot.

Dieci anni dal loro ultimo album: un arco di tempo abbastanza lungo da far fremere le mani, ma abbastanza breve da trovare gli adolescenti di ieri, ancora presenti anche se in una nuova veste più matura, ma viva ed energica.

Credibilità, preservazione e tempismo, le tre regole del ritorno perfetto. Anche se sappiamo che non può esistere una regola, una ricetta da seguire. 

Esistono però intrecci unici tra artisti e fan, carichi di significato ed emozioni. Esistono canzoni che riescono a farci percepire tutta la bellezza e innocenza di un periodo che non c’è più. Ma quanto era bello quando c’era. 

Non sappiamo quali saranno i prossimi passi per il trio milanese. Un tour ci sarà, e poi chissà forse un singolo, o addirittura un album. Non possiamo prevedere le prossime mosse, né anticipare un pronostico dei risultati.

Una cosa però è certa: in un mondo in cui tutto cambia così rapidamente, i Club Dogo hanno dimostrato che la musica può essere un legame duraturo tra le persone, un modo per tornare indietro e, allo stesso tempo, per andare avanti insieme.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *