“Come un cammello in una grondaia” di Franco Battiato, trent’anni dopo

È almeno dal 1991, anno di uscita di “Come un cammello in una grondaia”, che mia madre mi ripete che nella vita ha amato (e ama) profondamente due cose: me e Franco Battiato.

Battiato non Battiato. La “fotosintesi” tra ascoltatore e artista, secondo la mia esperienza profana, avviene gradualmente, con pazienza e vivendo la vita in ogni suo piccolo (o grande ahimè) imprevisto.

Oggi, in occasione del trentesimo anniversario dell’album, vorrei ripercorrere attraverso i testi che hanno accompagnato i pomeriggi di bambina e le gite al mare, parole e musiche che non passano di moda, versi futuristici che ci arrivano portentosi perché attuali, parole che appartengono ad un romanticismo andato in disuso ma che, come i vestiti vintage, ritrova il fascino perduto di un tempo, il nostro, abituato al tutto e subito.

Il titolo dell’album è una frase che uno scienziato persiano del XII secolo era solito pronunciare per indicare l’inadeguatezza della sua lingua a spiegare concetti scientifici. Una metafora che anela tutto il mondo enigmatico e misterioso dell’artista e che ci obbliga, da subito, a porci delle domande.

Franco Battiato – Come un cammello in una grondaia [Ascolta Qui]
Che cosa significa? Da dove viene? Cosa c’entra con l’album?

Nel disco sono, infatti, presenti anche quattro lieder ottocenteschi, cantanti in inglese, tedesco e francese, rimaneggiati per umanizzarli e renderli corali. Una scelta particolare quella di inserire brani in lingue diverse, altresì dei lieder, delle romanze, che sono di natura classica, e che ci invitano, ancora, a porci quesiti di tipo linguistico, culturale e storico.

Non solo, le piccole sfumature linguistiche di ciascun idioma permettono agli ascoltatorə di sperimentare un tipo diverso di empatia nei confronti della canzone e di ciò che essa evoca; così, come il cammello si fa metafora, anche la lingua straniera si fa veicolo di una prospettiva inedita sulle emozioni.

Sentire un disco di un autore italiano e trovarci dentro altre tre lingue per me fu illuminante. Da un lato la musicalità e lo spazio in cui un pezzo vive vengono dilatate: la concentrazione si acuisce, si cerca di capire qualche parola, o il significato, se si conosce quella lingua. Dall’altra, la totale incoscienza del lasciarsi andare su parole che non si comprendono ma che suonano gentili alle nostre orecchie, o severe, come nel caso del tedesco.

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La genialità di Battiato, che apre il disco con Povera Patria (brano vincitore della Targa Tenco l’anno successivo), è quella di parlare di concetti, come la multiculturalità e la fratellanza, senza parlarne mai in maniera esplicita, ma offrendo strumenti e interrogativi agli ascoltatorə, per favorire un processo di interiorizzazione spontaneo e durevole.

Ma non vi danno un po’ di dispiacere / Quei corpi in terra senza più calore?

Proprio Povera Patria, che arriva diretta come atto di sensibilizzazione all’indomani del primo sbarco di emigrati albanesi al porto di Brindisi, è il manifesto iniziale, la dichiarazione di intenti e la presa di posizione inflessibile sulla visione discriminatoria e capitalista dello “stivale dei maiali che affonda nel fango”; un canto, il suo, che ha in sé profondo rammarico per il modus operandi di un Paese alla deriva e che, grazie a un linguaggio “contadino”, permettetemi il termine, è in grado di generare pietas anche nei meno curiosi, anche nei meno attenti.

Questa volta un filo più diretto, dalla tracklist “Come un cammello in una grondaia”:

E ancora, sto aspettando, un’ottima occasione / per acquistare un paio d’ali, e abbandonare il pianeta, / E cosa devono vedere ancora gli occhi e sopportare? / I demoni feroci della guerra, che fingono di pregare!

La violenza (e il capitalismo) è l’ombra oscura che si abbatte sul mondo e ancor più oscuri sono i figuri che la popolano, che “scelgono” nel nostro nome, che credono di poter modificare o, ancor peggio, spiegare le dinamiche ancestrali e più irrisolte del mondo, che profanano il senso della vita. Tanto che “abbandonare il pianeta” sembra l’unica via di fuga.

Il 1991 come il 2021.

Smuove qualcosa di atavico, Battiato, anche quando il binomio amore/spiritualità si intreccia nelle sue canzoni. L’educazione sentimentale con cui ci ha cresciutə è un fugace incontro di sguardi che non dice ma sa; è come se le intuizioni etnee, che abitano la base del sentire del cantautore siciliano, si aprissero a generosi scenari da saggiare.

Anche se a volte, le insidie di energie lunari / Specialmente al buio mi fanno vivere nell’apparente inutilità

Ne “Le sacre sinfonie del tempo” accade che “guardando l’orizzonte, un’aria di infinito mi commuove”: una “cosa” a cui non sapremmo dare né una forma né un colore, perché è per ognunə diversə, ci tocca.

Oppure:

Perché la pace che ho sentito in certi monasteri / O la vibrante intesa di tutti i sensi in festa / Sono solo l’ombra della luce. (L’ombra della luce)

Sentirlo dire, ripeterlo insieme ci fa sentire meglio. Meno soli. Ognunə con la sua insidia di energia lunare. O nel suo monastero pieno di stanze da scoprire.

Agevoliamo quellə come me, che hanno spesso bisogno di un esempio pratico per capire veramente un punto di vista: è un po’ come quando in Matrix, l’Oracolo dice a Neo:

Conosci te stesso. Voglio confidarti un piccolo segreto: essere l’Eletto è come essere innamorato. Nessuno può dire se sei innamorato, lo sai solo tu. Te ne accorgi per istinto.

Il rebus di certi accostamenti di parole risiede in ognuno di noi. Conoscere sé stessi, dunque, non aver paura di provare emozioni e di manifestarle, guardarsi dentro come moto rivoluzionario contro le devianze della società, riflettere e cercare di capire è come risalire le scale della conoscenza, ogni scalino è un’esperienza da cui imparare. 

La musica, come forza rivelatrice dell’universo grammaticale di Battiato, lavora sulla libera interpretazione delle sensazioni più recondite, e al tempo stesso affila la lama quando canta delle ingiustizie e dei più deboli, lasciati a soffrire malamente. 

“Come un cammello in una grondaia” è un album materico che si adatta agli stati d’animo dell’individuo regalando nuove chiavi di lettura a seconda dei momenti in cui lo si ascolta; un album che è utile continuare ad ascoltare per non perdere mai l’abitudine di farci domande e per non smettere di meravigliarci dinanzi al confronto, con noi stessi, con gli altri.

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