“La Vibe del Padrone”, Garrincha Dischi omaggia i voli imprevedibili di Franco Battiato
Franco Battiato era un vero fricchettone. Ma nel senso più strettamente etimologico del termine, usato per designare gruppi di individui caratterizzati da atteggiamenti fuori dalla norma ed inconsueti.
Se ci pensiamo bene, infatti, fuori dalla norma e inconsueto Battiato lo è sempre stato. E questo già a partire dalle sperimentazioni musicali che hanno contribuito a renderlo il cantautore indefinibile che conosciamo. Fino ad arrivare poi alla collezione di stramberie che lo vedevano distinguersi, ma sempre con eleganza, dagli altri. Come quando a Montecatini Terme, nel 1985, si presentò sul palco in completo, sì, ma con un paio di sandali ai piedi.
“In effetti è più forte di me” disse a Pippo Baudo, che in quell’occasione lo intervistò. “Mi incontrava prima la gente e mi chiedeva come mi ero conciato. Ma che problema c’è? E perché no? Invece sbaglio tutto”
Essere fricchettoni, però, non è una questione di apparenza, né tanto meno di appartenenza.
Anzi, è forse la cosa più lontana dall’appartenenza che esista. È un lasciar volare la propria indole più recondita e selvaggia, per stagliarsi contro i cieli opachi dell’omologazione. È scoprirsi finalmente unici, eppure simili agli altri, in quanto membri di uno stesso genere umano.
Essere fricchettoni, insomma, significa anche fare molta fatica. Un’immensa fatica. Basti pensare che per arrivare al successo incontrastato, Franco Battiato dovette prima pubblicare ben undici (!) dischi.
È il 1981, infatti, quando La Voce del Padrone – a mio avviso l’album in assoluto più importante e determinante per tutta la storia della musica italiana – viene finalmente pubblicato, diventando in breve tempo il primo disco in assoluto a superare la quota di un milione di copie vendute nel nostro Paese. Un successo senza precedenti, oltre che il giusto riconoscimento – tanto agognato – alla musica di un uomo che, già da decenni, direzionava la sua arte verso i sentieri che sentiva più propri, senza cedere mai ad alcun compromesso.
Nel 2021, e a pochi mesi dalla morte del Maestro, il tributo di Garrincha Dischi per omaggiare i 40 anni de La Voce del Padrone non poteva che essere caratterizzato da un altrettanto spiccato menefreghismo nei confronti di qualsivoglia compromesso. E non poteva che essere freak, nel senso più mainstream che siamo abituati a dare al termine.
Ecco a voi, dunque, La Vibe del Padrone.
L’omaggio in chiave dub reggae ad un album che davvero – e forse molto più di altri – ha fatto la storia della musica, dell’arte e della cultura. Una cultura che spazia sempre su distese ampissime. E una musica che coinvolge, nella fattispecie, una nutrita schiera di artisti appartenenti alla storica label bolognese. Da Lo Stato Sociale a The Bluebeaters, passando per Cimini, Gregorio Sanchez, España Circo Este, Jacopo ET, Keaton e Costa!
Summer on a solitary beach apre ovviamente i lavori e ci annega in un mare tutto sudamericano, con quel “caldo tropicale” che è tropicale per davvero, a partire dall’arrangiamento. E che, come aria nuova, ci traghetta direttamente a sventolar Bandiera bianca, per poi prendere il volo sulle ali de Gli uccelli (e qui va un plauso alla voce di Gregorio Sanchez, che si solleva sognante come forse mai prima d’ora).
I Bluebeaters ripropongono poi una Cuccurucucù tutta in levare, mentre Segnali di vita riesce a mantenere l’effetto dalle sonorità extraterrestri dell’originale, sovrapponendolo però ad un orizzonte di luci giamaicane, che fanno comunque “ricordare le meccaniche celesti”. Centro di gravità permanente e Sentimiento nuevo si risolvono in un vero e proprio vortice di vibrazioni ska. E sono sonorità che un po’ ci ricordano gli Specials dei tempi migliori. Un gruppo che, invero, non avrei mai pensato in vita mia di accostare a Franco Battiato, se non dentro i luoghi privilegiati delle mie playlist più spinte.
Insomma, sincerità e freschezza, in questo tributo, non mancano e sarebbe decisamente fuorviante cadere nella tentazione di chiederci che cosa ne penserebbe oggi Battiato.
“Immondizie musicali”, come canta Bandiera bianca? “Rumori che fanno sottofondo per le stelle”, come invece ci dice Segnali di vita? Non lo potremo mai sapere. Ma la descrizione più chiara e precisa di come siano preziosi certi progetti, indipendentemente dai feedback che ricevono, la ritroviamo scritta pari pari nel brano de La Voce del Padrone che personalmente preferisco: Gli uccelli.
Gli uccelli, infatti, è il racconto di un continuo volare, reso attraverso versi di una poesia straordinaria. E il volo, come qualsiasi arte, segue regole proprie ed indipendenti, pur dovendo collocarsi comunque sullo sfondo delle leggi che regolano il mondo. Una cosa difficilissima da portare avanti, ma di certo non impossibile. Perlomeno, non per chi è davvero fricchettone, nel senso più autentico che possiamo dare al termine.
Aprono le ali / Scendono in picchiata, atterrano / Meglio di aeroplani / Cambiano le prospettive al mondo / Voli imprevedibili ed ascese velocissime / Traiettorie impercettibili / Codici di geometria esistenziale
Ecco, la musica di Franco Battiato e qualsiasi progetto che faccia della non adeguazione la propria bandiera – sì, anche questo tributo di Garrincha – è come il volare de Gli uccelli. E la verità è che il volo di Franco Battiato continuerà a mancarci sempre.
Monica Malfatti
Beatlemaniac di nascita e deandreiana d'adozione, osservo le cose e amo le parole: scritte, dette, cantate. Laureata in Filosofia e linguaggi della modernità a Trento, ho spaziato nell'incredibile mondo del lavoro precario per alcuni anni: da commessa di libreria a maestra elementare, passando per il magico impiego di segretaria presso un'agenzia di voli in parapendio (sport che ho pure praticato, fino alla rottura del crociato). Ora scrivo a tempo pieno, ma anche a tempo perso.