Vasco Brondi si interroga sull’illusione del presente, la forza del passato e l’incertezza del futuro

Andare ad un concerto di Vasco Brondi somiglia ad un ritiro spirituale, di quelli dove ti ritrovi e non sai nemmeno bene il perché ma sai che una forza mistica ti ha condotto fin lì. L’aria era rarefatta, il tempo quasi immobile, se poi aggiungiamo che aveva appena smesso di piovere, ecco che il miracolo si compie.

Con un ritardo di quasi un’ora inizia il live di Vasco. Premetto che l’ultima volta che l’avevo visto dal vivo era circa tre anni fa in formazione completa all’Estragon di Bologna, quindi tutt’altra situazione. Anni dopo capii che quel concerto mi avrebbe cambiato la vita, ma questa è un’altra storia.

Sale sul palco con i suoi modi impacciati.

Lui è uno che il palco se l’è ritrovato addosso, ma starebbe bene da qualsiasi altra parte e con la potenza delle sue parole potrebbe conquistare anche cinque vecchietti in una piazza di un paesino sperduto. Ma siamo a Bologna, precisamente al Tutto molto bello, un festival che da anni è presente in città, quest anno per forza di cose, nella sua versione limitata.

Inizia con una delle mie canzoni preferite: Waltz degli scafisti, una canzone estremamente triste ma si sa che ad un concerto di Vasco Brondi bisogna mantenere un certo mood. Poi un grande cult, quel brano che fa sentire esattamente nel posto giusto al momento giusto e sto parlando di Destini generali, precisamente di quel punto in cui canta “nella calma che hanno a notte fonda i viali di Bologna”. Ricordo che quella fu la prima canzone che ascoltai quando arrivai alla stazione di Bologna, città che poi sarebbe diventata casa mia. Momento lacrimuccia.

Questo spettacolo che Brondi sta portando in giro è un talismano per tempi incerti, perché spesso pensiamo di avere il controllo sul presente ma è solo un’illusione, come spiega l’artista. Non è un live fatto di canzoni sue e basta, troviamo gli Afterhours, De Andrè, Battiato, tutti i maestri che in qualche modo hanno influenzato la sua scrittura. Ma non sono maestri perfetti come quelli religiosi, “con il tempo ho capito che i miei grandi maestri sono persone che hanno fallito, sono persone imperfette, alcune delle quali morte anche giovani” racconta Brondi.

Interessante la riflessione sulla figura del freelance

L’essere umano arriva a sfruttare se stesso più di quanto farebbe un qualsiasi padrone. La lotte di classe è diventata una lotta interiore perché siamo schiavi e padroni di noi stessi allo stesso tempo. L’era digitale è l’era della trasparenza, sembra che te la tiri se non condividi tutto della tua vita, soprattutto se sei un artista. Vasco Brondi durante la quarantena ha allietato i suoi seguaci con lettura e momenti di alta cultura o semplici svarioni, a me comunque faceva tanta compagnia.

Questa è una poesia di Wislawa Szymborska che introduce Chakra e ci trasporta in quell’esatta dimensione onirica dove siamo tutti parte dello stesso momento. Si spengono le luci, l’artista esce di scena. Qualche applauso ben assestato ed entra nuovamente per recitare Bello mondo di Mariangela Gualteri:

Ultima luce e poi sipario. Coprifuoco. Tutti a casa.

La foto in copertina è stata scatta da Giorgia Chiaro al Teatro Romano di Verona

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