Beercock spiritualizza voce e corpo in “Human Rites”

La seconda volta di (Sergio) BEERCOCK arriva in coda ad un anno bisestile tra i più strani che la memoria umana abbia modo di ricordare. Un anno che per il nostro si è rivelato foriero di slanci creativi, con la primavera caratterizzata dall’affascinante pubblicazione del disco eponimo dei Vossa: un paio di stagioni dopo, l’artista anglo-siciliano torna a creare in piena autonomia ed ecco “Human Rites”, long play edito dalla label 800A.

Solo, ma fino ad un certo punto. Dietro il banco di missaggio, infatti, si accomoda Fabio Rizzo per impostare sessioni di registrazione che sfidano ogni canone precostituito. Un solo microfono impiegato per catturare linee vocali, beat del fiato e delle mani, interpolati in un processo di costruzione del suono totalmente sintetizzabile nella parola analogico.

Beercock – Human Rites [Ascolta Qui]

Voce. Corpo. Rito.

Ecco che viene progressivamente disvelandosi, alle nostre orecchie, il concept dietro “Human Rites”. Dieci tracce che mirano a scavare tra le stratificazioni musicali per conquistare quel nucleo pulsante fatto di ancestralità e tribalismi sospesi fra dimensione collettiva ed individuale. Non si tratta di un’evoluzione del precedente Wollow datato 2017, al contempo sarebbe riduttivo parlare di rottura col passato. È proprio la vision a cambiare. BEERCOCK focalizza tutti i suoi sforzi verso l’aspetto artistico più squisitamente performativo. I funambolismi in studio fecondano un ascolto spiazzante: siamo cosi abituati agli strumenti musicali ortodossi che suona strano percepire body beat e modulazioni vocali a trascinare melodie e testi. È l’invito a cambiare paradigma, e dopo qualche istante di leggera confusione la fascinazione di questo album si compie, splendida, nel microcosmo dei nostri timpani.

Art pop riflessivo e recitato, arcaico ma allo stesso tempo contemporaneo, con la penuria di dispositivi da suonare che diventa una nuova filosofia del fare musica; trovare riferimenti è arduo, in parte anche fuorviante: solo nell’interpretazione dei testi torna alla mente una teatralità che ricorda la più ispirata Florence Welch.

Questa è la liturgia secolare che collega due isole, la Sicilia e l’Oltremanica, e BEERCOCK è il ministro di un culto muscolare ed inclusivo, tanto vicino al gospel ed alle note black quanto alla world music. È la prestanza fisica profusa nel video di “Feel your fall”, è una proposta che suona lontana da tutto con armoniosa convinzione.

Il 2020 ormai concluso può definirsi un anno di maggese e semina. Che questo splendido fiore di “Human Rites” sia presagio di una nuova pagina fruttuosa, nel segno della voce e del corpo che diventano rito.

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