Cincilla e il giornaliero sentirsi in discussione

Il video che accompagna il brano d’esordio di Cincilla, Sakè, è ambientato in una Venezia magica e totalizzante. La città lagunare, resa ancor più unica da piccoli fotogrammi in bianco e nero, rappresenta la dimensione perfetta per raccontare le riflessioni di un ragazzo dalle troppe domande aperte. Trovarsi in una situazione di stallo, senza sapere il come e il perché. Un regista che non sa come continuare il suo film. Aspettare un segnale da seguire, ritrovare la strada sotto la pioggia. È una intensa prospettiva generazionale che dal testo rimbalza al video in cui l’unico protagonista parla, canta, gesticola. E se la soluzione fosse in fondo fregarsene, muoversi senza un piano prestabilito, lasciarsi guidare dal cuore?

Il sakè, talismano di salute e bellezza giapponese, rappresenta il colpo capace di alterare questa routine e donare pace. Metaforicamente è un modo per prendersi cura di se stessi e lasciarsi andare alle correnti della vita. La seconda parte del testo, in contemporanea con il video che riprende tutti i colori della laguna, racconta come l’amore sia poi la variabile capace di posticipare alcune domande e crearne di nuove. Se conoscere se stessi è difficile, bisognerà ammetterlo e gettarsi senza reti nelle braccia di qualcuno che medicherà le nostre ferite. Perché poi lo sguardo di qualcuno può far finire tutto, cancellare e resettare. L’immobilismo, l’ansia per il futuro scritto su un foglio diviene anche il pretesto per un inno d’amore universale, una enorme gomma da cancellare. L’amore come terapia, come momento di ribellione e scoperta. L’attimo in cui sorseggiamo del buon sakè (freddo). Io l’ho incontrato per alcune domande.

In Sakè parli delle difficoltà della tua generazione, del camminare a tentoni. Siamo diventati davvero terrorizzati dalle nostre emozioni?

Ci penso spesso e mi chiedo cosa porterà il futuro. Ti guardi attorno e sembra che tutto sia a portata di mano ma spesso ti senti dentro ad una centrifuga che gira e non riesci ad afferrare nulla.
Vediamo modelli perfetti dentro a schermi, tanti si mostrano per quel che non sono, ma fuori dalla porta il mondo è diverso. Secondo me non abbiamo paura delle emozioni, in realtà non ne possiamo proprio fare a meno.
È il mondo di oggi che tende ad illudere di vivere a contatto con tutto e in realtà ti allontana dalle emozioni “reali”, alienandoti.

Eppure il mondo corre veloce. Siamo tutti belli, tutti perfetti. E la solitudine morde forte. Tu, come artista, come vivi il rapporto con i tuoi coetanei? Senti di essere più solo di loro?

No, io non mi sento solo. La musica mi ha aiutato tanto in questo. Quando scrivi un pezzo, che sia introspettivo o meno, in ogni caso sei costretto a confrontarti con quello che provi, sennò le note e le parole non escono. Buttare fuori tutto aiuta, come anche ascoltare gli altri mi arricchisce molto.
Tendo a non chiudermi e credo che banalmente il miglior modo per non sentirsi soli sia stare con gli altri. Siamo tutti sulla stessa barca alla fine…su una barca ci si può comunque divertire parecchio.

E poi esplode la libertà, le domande sembrano meno evidenti. Cosa rappresenta per te il vivere in armonia con la propria anima? È davvero tutto casuale? Possiamo davvero affidarci all’istinto?

Armonia è una parola grossa…diciamo che ho smesso di farmi troppe domande. Alla fine siamo noi stessi i primi a giudicarci e ultimamente tendo a basarmi su quello che penso e credo, più che sull’istinto, per dare un ordine alle cose che mi circondano.

L’amore come forza liberatrice. Sei un tipo capace di buttarsi a fondo nelle relazioni senza pensare ad eventuali conseguenze? Se si, influisce nella tua vita di cantautore?

Ah guarda, sono anni che sto con la mia ragazza e, per esempio, posso immaginarmi le conseguenze se rispondessi male alla tua domanda. Sinceramente, mi ci butto giorno per giorno, se non fosse così penso non avrebbe senso stare ancora insieme dopo tutto questo tempo.
In “Sogni in saldo”, l’EP uscito venerdì, l’amore è un tema che torna spesso, ma sempre con prospettive diverse. In “Sakè” per esempio ho pensato al sentimento più bello che una persona possa provare e l’ho usato per dire: “ok decido di scendere e uscire da quella porta perché è da anni che non mi godo i momenti belli della vita”. Altre volte litighiamo e allora è capitato che abbia scritto un pezzo in cui l’amore prende di fatto un’altra piega. Io canto cosa vuol dire “amore” per me, ma alla fine le canzoni sono fatte per essere vissute ed interpretate da chi le ascolta, e se per altri assumessero un significato diverso a me farebbe soltanto che piacere.

Venezia. L’hai glorificata in un video dal taglio quasi cinematografico. Un unico protagonista, una dimensione che dall’eterno passa al personale. Complimenti. Cosa rappresenta per te la laguna?

Grazie mille! Guarda se non ci fossero stati i miei amici Andrea Novello, Davide Dal Collo e Pablo Davilla (con Pablo ho collaborato anche per i pezzi) quel video non si sarebbe proprio fatto. Io oggi vivo a Bologna ma Venezia è la mia città, ci sono nato e cresciuto. Spesso quei vicoli (che da noi si chiamano calli), i canali stretti, le case, il mercato all’alba. Insomma la Venezia reale, che vive, viene mostrata raramente. Ci torno spesso e, vuoi anche perché ci trovo la maggior parte delle persone a cui voglio bene, e rivedo i luoghi dove abbiamo appunto girato il video, finisce sempre che ci lascio un pezzo di cuore e mi dico “un giorno tornerò a viverci”.

Perché hai scelto il Sakè come bevanda purificatrice? Sei un amante dell’estremo Oriente o è un mero artificio lirico?

Ahaha, nessuna delle due. Ero a casa, al piano e “Sakè” stava nascendo. Avevo voglia di parlare di malinconia ma alla fine era un periodo in cui appunto stavo capendo che per vivere bene le giornate dovevo smetterla di farmi troppo problemi. Quando scrivo le canzoni cammino per la casa e tra una camminata e l’altra mi sono fermato in salotto. Mi ero appena trasferito e l’attenzione è caduta sull’angolo degli alcolici che ci avevano generosamente lasciato. Vedo una bottiglia di Sakè. Avevo appena scritto “ma poi mi tiro su”, e “con un po’ di Sakè” mi sembrava perfetto.

Quali sono le tue ispirazioni musicali? Come ti interfacci con l’attuale panorama musicale italiano?

Ho sempre ascoltato molto Britpop e penso che almeno nella struttura delle mie canzoni si senta. Poi mi piace contaminare sia in fase di scrittura in una prima fase ma anche dal punto di vista della produzione con Pablo successivamente. Di sicuro sono presenti elementi pop, elettronici, r&b e inevitabilmente di cantautorato italiano, del passato ma anche del presente.

È oggettivo che in Italia si faccia tanta e buona musica. È pieno di artisti emergenti, basta vedere quante nuove uscite ci sono ogni settimana. Tante sono anche buone e sicuramente artisti importanti come per esempio Calcutta, Giorgio Poi, Frah Quintale, Dente, Lo Stato Sociale hanno avuto, e hanno, grandi meriti tenendo viva la scena alla quale, nel mio piccolo di emergente, sento di appartenere.

Ascolta l’Ep d’esordio di Cincilla

Progetti futuri? Siamo schiavi di singoli… ha ancora senso pubblicare un album?

Venerdì è “Sogni in saldo” che è un EP di cinque brani, “Sakè” è stato un assaggio. È un EP – presentazione, nel senso che con ciascun pezzo ho voluto focalizzarmi su una mia caratteristica, sia dal punto di vista musicale, sia dal punto di vista dei testi. Mi piacerebbe tantissimo fare un album, in realtà le canzoni sono state già scritte. Diciamo che sto aspettando che qualcuno suoni alla porta. L’album forse commercialmente non ha tanto senso, perché sappiamo che la musica viene ascoltata in un modo che tende a sfruttare maggiormente i singoli.

Detto questo, io faccio musica per comunicare e per far provare emozioni, quando scrivo i pezzi non penso alla loro “funzione commerciale”. L’ album continua ad essere il mezzo migliore per un artista che ha qualcosa da dire perché fa entrare il pubblico nella sua dimensione, non scappi. È un po’ quello che succede, per altri motivi e con dinamiche assolutamente diverse, nei live. Per questo io non vedo l’ora escano altre mie canzoni, e non vedo l’ora di pubblicare l’album.

Con chi vorresti collaborare?

Con Frah Quintale. Mi piace il suo approccio e quello che scrive. È uno vero, ha una sua visione e la segue. Ha un suo sound super riconoscibile e secondo me in Italia è uno degli artisti più innovativi, quello che fa è sempre attuale e mai uguale a sé stesso.

Consigliaci un libro ed un disco.

È da un po’ che non lo apro ma adesso che me lo chiedi ti direi senza pensarci “La verità, vi prego, sull’amore” di W.H. Auden. Dieci poesie sull’amore: tenere, disincantate, ironiche, a volte dure. Quel libro l’ho consumato.

Come disco: “Appunti di un lungo viaggio” di Paoli. Nella musica italiana ho due venerazioni: Dalla e Paoli. A Bologna Dalla lo si respira ovunque, e al di là della musica è rimasto una presenza costante anche se non c’è più: ad indicarti un solo disco gli farei un torto. Secondo me fare quello che ha fatto Paoli e dopo tanti anni trovare un modo, così bello, di reinterpretare alcuni dei suoi pezzi, con quella raffinatezza e leggerezza, è stato semplicemente poetico.

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