Tavo e Annabelle, una romantica lettera scarlatta

Una lettera dell’800, ritrovata per caso in una vecchia casa. Una storia d’amore dimenticata come dimenticate sono le anime dei due protagonisti. È il tetro scorrere della vita: cosa resta di quei giorni, di momenti felici e scelte sbagliate? Questo è il brodo narrativo da cui nasce “Annabelle”, l’ultimo singolo di Francesco Taverna, alias Tavo.

È la genesi di una storia romantica, l’occasione per ricostruire e ricordare un frammento che ha fatto battere il cuore e devastare le notte di due amanti. È riflessione sul tempo che toglie slanci per riparare i propri errori, parole sbagliate, baci non dati o troppo frettolosi. Il testo si snoda attorno a “ma il futuro ha gli occhi del boia”: tutto passa e lascia spazio a ricordi maliziosi e spesso dolorosi. Il brano racconta, con largo utilizzo di metafore e sovrastrutture linguistiche, la storia ubriaca di un amore finito o chissà se mai sbocciato. Resta il nostro sforzo nell’immaginare Annabelle e le parole che le son state dedicate.

Nell’ascoltarlo, si percepisce come anche il tono vocale sia costruito per dare un senso di “racconto” all’intera struttura che appare triste ma realistica. L’utilizzo di suoni ricchi di aria rende meno amara la narrazione, ricordandoci che alla fine è stato un cuore che si è donato ad un altro, senza paracadute o scorciatoie. Abbiamo incontrato Tavo, incuriositi da questa storia.

Domanda scontata. Come nasce davvero “Annabelle”?

Molti mi hanno chiesto se la storia della lettera da cui nasce “Annabelle” fosse una specie di stratagemma Manzoniano (“I Promessi Sposi”). In verità non lo è affatto. Ogni giorno vorrei armarmi piccone per abbattere i muri di questa casa alla ricerca di altri cimeli. Ma non credo sia una grande idea… La canzone nasce nello specifico da una frase realmente contenuta in quella lettera: “Quante volte vi ho detto non abbiate paura”. Ho impiegato quattro mesi per scrivere questo brano. Avevo paura di non essere rispettoso verso qualcosa che dopotutto non mi apparteneva. Non ho romanzato sulla vita dei due amanti Ennio e Maddalena (divenuta Annabelle per ragioni di metrica). Scrivendo “Annabelle” ho sentito la responsabilità ed il dovere di lasciare intatta una storia che non conoscevo. Ho parlato solo dell’amore e la paura che hanno viaggiato come sentimenti immutati ed immutabili dall’800 a oggi.

L’emozione nel riportare alla luce un frammento di vita. Siamo in un periodo storico in cui tutto è pubblico. Tavo, cosa può insegnarci l’intimità di questa storia?

QUASI tutto è pubblico! Mi spiego meglio: I social, per esempio, rendono pubblico solo ciò che noi vogliamo pubblicizzare, salvo che per errore non ci sfugga qualcosa. I segreti, gli amori clandestini, i nostri lati più vulnerabili tendiamo ancora a celarli dietro solide, cangianti armature. Sai qual’è l’unica cosa diversa rispetto ad una relazione di oltre duecento anni fa? Il termine “amanti”. Nell’800 ci si sposava ancora per convenienze sociali in matrimoni combinati, finendo poi per cercare, come ha fatto Maddalena, l’amore VERO altrove. Oggi il termine “amante” ha poco a che vedere con l’amore e più con la trasgressione fine a se stessa.

Il tuo rapporto con il tempo, con la dolorosa sensazione che tutto tenda a passare senza lasciare traccia.

Ognuno di noi teme la morte, ma ancora di più non lasciare traccia della propria esistenza.
Credo che il peggior dispetto che ci sia stato fatto in questa vita sia l’abilita di percepire il tempo che passa, ma ancor peggio quella di progettare in un tempo di cui non siamo minimamente padroni, il futuro. Con i “se” e i “poi” sconfiniamo in uno spazio che speriamo di vivere, così come lo abbiamo immaginato, ma non è cosi. Ho paura del tempo che passa, ma credo sia giusto averla, diversamente resterei immobile senza fare nulla, senza mai prendere una decisione, senza mai abbandonare l’appiglio saldo e sicuro.

Si parla anche di sbagli, della difficoltà di ammetterli o di trovare le parole giuste. Ci trinceriamo dietro armature o false timidezze. È così difficile fare un passo indietro in amore?

In amore è sempre difficile fare passi indietro. Stiamo, a mio avviso, sempre sulla difensiva. Sappiamo cosa proviamo verso la persona amata, ma accusiamo il fatto di non poter misurare in modo concreto ciò che questa prova verso di noi. Egoisticamente pensiamo sempre di amare più di quanto siamo amati, ecco perché fare per primi un passo indietro non ci va a genio.

Scegli una voce femminile a cui affidare una virtuale strofa recitata da Annabelle, in risposta al testo attuale.

É una domanda difficile… Probabilmente sceglierei Nada. Parlerebbe d’amore in modo più originale, dolce e meno scontato di quanto possa mai fare io. Ma come ti ho detto è una domanda difficile, mi piacciono molte cantautrici donne. Pensa un po’ come la farebbe Myss Keta… sarebbe divertente. Sarebbe “pazzesko!!!” (cit.)

Ti piacerebbe se Annabelle fosse il primo capitolo di un racconto in musica?

Non credo. A meno che, durante i prossimi lavori di ristrutturazione, non trovi nell’intercapedine del muro un’altra lettera. Apprezzo che tu, nella domanda, abbia usato il termine “racconto” perché nel limite delle mie capacità, cerco sempre di raccontare storie, badando però a lasciare una “sedia libera” per l’ascoltatore. Sulla quale accomodandosi possa immaginare la propria storia, il proprio paesaggio e dare i volti che preferisce ai protagonisti. I libri, le canzoni e le storie veramente belle, seppur fitte di dettagli, ti concedono sempre “la sedia” per immaginare.

C’è spazio per tracce come questa in un panorama musicale che tende a mitizzare storie più veloci e di rapida evoluzione?

Lente o veloci che siano, quando siamo sentimentalmente coinvolti, le storie le viviamo al momento, senza porvi scadenza. In quel preciso istante esiste lo spazio per una traccia come Annabelle.

A chi senti di dover dire grazie per il tuo peculiare modo di scrivere e raccontare?

Sarò davvero scontato, ma sono cresciuto ascoltando De Andrè e Guccini. Lungi da me paragonarmi a loro (magari!). Non mi permetterei mai di farlo. In Italia sono visti come Santi. Stanno lì, al terzo posto, dopo Gesù Cristo e il Papa.

Progetti futuri. Porterai questo tuo modo di raccontare su un palco o prenderai tempo per nuovi lavori?

C’è un disco in cantiere e sono quasi al termine. Ci lavoro da due anni, da quando è stato pubblicato “Funambolo” (l’album precedente) per Noize Hills Records. “L’astronauta e l’indiano”, “Il tempo di ballare” e “Annabelle” sono i tre singoli che ne faranno parte. Contemporaneamente farò ciò che più mi piace di questo mestiere/atto di fede, cioè suonare. Sicuramente quest’anno tornerò con il tour “Il tempo di ballare” nelle principali città d’Italia, come ho fatto in quello precedente. A breve uscirà un calendario che spero sia sempre più fitto di date. Il nuovo tour l’ho presentato in anteprima in una serata con i Sick Tamburo.

É il primo anno che ho alle spalle una vera produzione per i live e penso che questo spettacolo vada assolutamente visto. È curato nei minimi dettagli da tecnici audio e luci come Stefano Bendo Bendato ed Elio Genzo che lavorano anche con noti artisti (Ermal Meta, Cristicchi e molti altri). In più, al mio fianco, sul palco avrò sempre i due “compagni di merende” Lorenzo Chiesa e Daniele Porcu che, passami il termine, sono musicisti con le “contropalle”. Quindi sarà uno show a trecentosessanta gradi e molto, ma molto singolare.

Tavo consigliaci un libro ed un album da ascoltare.

“Storia Perfetta Dell’errore” di Roberto Mercadini è ufficialmente uno dei libri più belli che io abbia mai letto. Fidatevi, non esiste altro libro che insegni cosi tante cose in sole 213 pagine. Come ascolto non posso far altro che consigliare Motta nell’album “Motta dal vivo”… è fotonico!

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