Natura e consigli sfumati: “622” di Boreale è un’onda da guardare prima che ci travolga

Vasily Kandinsky vedeva la musica e dipingeva sulle sue tele sinfonie e interi concerti. Un fenomeno chiamato Cromestesia che in parte, avviene quando ascolti alcune canzoni, e dico per fortuna. In questo grigio inverno, i nostri animi privi dei colori della socializzazione, da un po’ considerati peccati veniali, hanno bisogno di più tonalità. Nel mio monolocale cerco di farmi travolgere dalla musica; stavolta è il turno di Alessandro Morini, in arte Boreale, il cui Ep d’esordio 622 (Rumore di Zona/The Orchard, prodotto da Marta Venturini) è uscito il 14 Gennaio.

Prima di cena mi aspetta una sua videochiamata per una piccola intervista e per ascoltare due sue versioni acustiche live dal di là della webcam. Metto le cuffie e faccio un brainstorming. Prendo carta e penna e scrivo su un taccuino tutto quello che mi viene in mente da chiedere ad Alessandro, ma sono talmente trasportata dai colori pastello delle sue sonorità sfumate, che mi sembra di essere travolta da un’onda e naufragata in dei momenti di vita vissuti più intimi e poi, in circostanze future più solari.

Boreale – 622 [Ascolta Qui]
Ciao Alessandro, come stai? come stai vivendo questo periodo? So che è una domanda scontata, ma dagli artisti mi aspetto sempre risposte rincuoranti.

Sto bene, sono rinchiuso in casa un po’ come tutti, aspettando notizie per esser liberati, però sono contento che sia uscito questo nuovo disco di cui sto seguendo l’andamento delle cose. Dall’altro lato, sto rosicando perché avrei voluto suonarlo. È infatti una percezione e una promozione a metà perché posso farlo sui social e non dal vivo, ma speriamo di poter rimediare quest’estate.

Il nome d’arte che hai scelto indirizza molto verso il genere musicale che porti alla luce, un sound pop sfumato in mille colori pastello, che segnano, appunto, un nuovo inizio. Era quello che volevi far suscitare? Mi chiedevo, inoltre, che vicissitudini ti abbiano portato a buttarti in un progetto totalmente diverso dai Mary in June.

Parto dalla prima domanda. Sì, era proprio quello che volevo evocare. Ho suonato per moltissimi anni con una band dalle sonorità più punk (Mary in June) e insieme a loro ho fatto dei live stupendi. A un certo punto, però, durante proprio l’ultimo tour ho iniziato a scrivere tantissimo ma sentivo che quello che scrivevo aveva sonorità diverse. È stato abbastanza naturale, mentre scrivevo mi veniva tutto così di getto. Sicuramente ci sono stati anche degli ascolti o conoscenze differenti. Per questo, ho deciso di iniziare questo percorso in proprio e quei colori erano proprio i colori dell’Aurora Boreale. Volevo che questo nuovo inizio avesse proprio quei toni. All’interno c’è un mix di cose diverse. In Tienila Stretta Questa Felicità, c’è l’influsso di un’Ornella Vanoni in Rossetto e Cioccolato e in altre, ci sono tracce di Macklemore e Drake.

Parliamo ora di “622”, Ep prodotto da un grande nome come Marta Venturini. Un po’ come gli artisti novecenteschi che fanno venir fuori la materia dalle loro opere, nei tuoi incisi, emerge un’atmosfera creata all’inizio, da un suono elettro-pop radiofonico di Ogni tanto faccio un party e che arriva fino a sonorità più intime come in Tienila stretta questa felicità, che sappiamo aver raggiunto oltre 1 milione di play su Spotify. Te l’aspettavi di avere il potere di coinvolgere così tanto l’ascoltatore?

Diciamo che non me l’aspettavo assolutamente, tant’è che quando mi hanno detto che ero arrivato a così tanti ascolti, pensavo mi prendessero in giro e sono andato a controllare. In realtà, sì, c’è quella cosa di trasportare l’ascoltatore soprattutto nell’inciso; volevo che fosse un inciso vero e proprio. Quindi sì, l’intento era quello.

Una curiosità: cosa sono i 13 Tagli?

Sono il numero di ferite che ci siamo fatti in una mia storia d’amore. Le ho contate una ad una; sono 13 e ne ho messe 13. Questa è sicuramente una canzone a cui mi sento molto legato, ma Tienila stretta questa felicità rimane la mia canzone preferita, perché l’ho scritta di getto in un momento in cui, in seguito a un brutto periodo, stavo veramente meglio. Sono tutti brani autobiografici, c’è tanto di me, ma ci sono anche molti consigli. A pensarci, spesso gli ascoltatori mi ringraziano, dicendomi che sembra che abbia scritto appositamente per loro queste canzoni.

Non c’è evoluzione se provi a arrenderti.

In ogni cantautore ha un influsso importante l’ambiente in cui vive e l’atmosfera cittadina che c’è dietro. Quanta Roma c’è nelle canzoni di Boreale?

C’è tanta Roma sì! Perché Roma è una città che ti prende e non ti lascia andare. Che ti avvolge e che ti fa anche incazzare.

Sento influssi di Lucio Battisti. Che importanza ha avuto il cantautorato italiano nelle tue canzoni?

Oltre Rossetto e Cioccolato di Ornella Vanoni, c’è tanto del passato nelle mie canzoni: un Vasco Rossi, Venditti (che canto spesso), Lucio Battisti, sì, Lucio Dalla e anche un Ligabue che mi è rimasto sempre nel cuore.

È bello il mare quando ti tocca,
guarda l’onda prima che ci travolga.
Lascia che ci travolga.

Sembra che tu abbia un rapporto particolare con la Natura. Dal nome “Boreale” al paragonare spesso le situazioni che vivi a un temporale o a un’onda. È così?

Sì, tant’è vero che Roma mi fa talmente arrabbiare, che vorrei spesso andar via. C’è stato un periodo in cui vivevo fuori Roma e stavo davvero bene, perché ero a contatto con la Natura. Ho iniziato anche a trasformarmi in una sorta di agricoltore nel mio piccolo. Mi piacerebbe tornare anche a fare quello. Quando mi chiedono di progetti futuri, parlo anche di un agriturismo. Ho un debole per la natura.

Lasciaci con la frase preferita di una delle tue canzoni.

“Pensa che bello se ci fosse in palio, un premio per ogni sbaglio”. Questa sì, mi piace un bel po’.

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