“Come Minimo” vi tocca dare un ascolto a Giuse The Lizia

Il nostro vocabolario è ricchissimo di parole che hanno spesso più accezioni, a volte anche distanti tra loro, che propendono per una connotazione positiva o negativa a seconda che si ragioni in modo predisposto o, ahimè, non troppo proattivo. La parola “minimo“, per esempio, ha come connotato principale quello di “piccola cosa”, “ciò che è sufficiente”, “il quanto basta”; poi, però, c’è l’altra faccia della medaglia, circostanziale al minimo, che è nell’intendere questa piccola cosa non come l’essenziale ma come un bel punto di partenza.

E la musica è carina, ma tu molto di più

Questa citazione è tratta dalla title track e content dell’Ep di cui vi parleremo oggi, uscito lo scorso venerdì 4 Novembre. S’intitola Come Minimo ed è il primo lavoro di Giuse The Lizia, l’ultima proposta “forzuta” di Maciste Dischi. Dalle Isole viene sempre una ventata d’aria fresca, anche questa volta sui generis. C’è chi è più legato all’anima cantautorale e celebra i suoni ancestrali della propria terra e chi è più attaccato a uno stile urban più contemporaneo. Spesso si tratta di giovani artisti che se ne vanno dalla propria terra e fondono le proprie radici con il caos innovativo della grande città. Come nel caso di Giuseppe Puleo, in arte (appunto) Giuse The Lizia, trasferitosi a Bologna perché anche lui, come tutti noi giovani, è stato rincorso dall’ossessione di fare più esperienze possibili.

Siamo fatti di ansie e paranoie

Un rapper dandy (potremmo definirlo così) nei cui piani la musica non rientrava nemmeno; ha sempre vissuto come veniva, cogliendo le occasioni e gli stimoli che gli si presentavano, e in fondo ha fatto proprio bene! Così, con la stessa filosofia del carpe diem, Giuse ha composto dei pezzi e ha deciso di farsi avanti con il team di Maciste. È pressappoco così che nasce Come Minimo, prodotto in parte dall’amico Mr Monkey. Il disco si snoda in 6 tracce che mescolano rap, hip-hop, synth pop, indie e punk rock e parlano di storie d’amore giovani, con i loro alti e bassi. Avevamo avuto modo di assaggiare il progetto attraverso 3 singoli: Serate toste, Magari poi ti passa e Vietnam.

“Le mie canzoni mi ricordano chi sono, cosa voglio e soprattutto che tutto nella vita arriva all’improvviso. Io scrivo per vederci sempre” ha dichiarato Giuse The Lizia

Non sappiamo bene incastonarlo in un filone definito ma siamo stati così sedotti dal flusso imprevedibile che vogliamo presentarvelo nel migliore dei modi ovvero attraverso un’intervista. Siamo sicuri contagerà chiunque.

Giuse the Lizia – Come Minimo [Ascolta qui]
Ciao Giuse! Dove ti trovi e come te la stai passando?

Tutto bene! Ultimamente stanno succedendo tante cose e sono molto gasato. Per adesso sto a Bolo.

Da dove deriva il tuo nome d’arte e come è iniziato tutto?

In realtà è nato per caso dopo aver passato mesi a cercare quello giusto. Cercavamo qualcosa che si affiancasse a Giuse, immancabile, e volevamo qualcosa che non passasse inosservato. The Lizia non vuol dir nulla, ma suona bene e mi rimandava ad un immaginario figo.

Nei tuoi pezzi c’è una commistione tra rap e cantautorato, che influenze artistiche e musicali hai avuto?

Le più varie, dal cantautorato italiano con i vari Guccini e De Andrè ecc. Nei dischi dei miei fino ai Club Dogo e Fabri Fibra. Ho avuto il mio periodo (che ancora vive) tra brit rock e punk. Un sacco di robe che alla fine nella mia musica in qualche modo escono fuori.

Maciste Dischi è un’etichetta che sa il fatto suo. Come li hai incontrati e com’è nata questa collaborazione?

È nata da una mail spedita a settembre dell’anno scorso. Dentro c’era una demo abbastanza marcia, ma che evidentemente ai ragazzi di Maciste è piaciuta. Da lì, infinite chiamate sotto Natale e poi l’entrata in famiglia! Una storia romantica come in tempi passati.

Venerdì 4 Novembre è uscito il tuo primo Ep. Parlacene un po’. Quali sono state le prime reazioni al disco che ti hanno più colpito?

Da quando ho pubblicato Vietnam la cosa che mi colpisce davvero, aldilà degli apprezzamenti a livello musicale, è proprio l’affetto umano della gente nei miei confronti. È qualcosa che va oltre la musica in senso stretto, è come se fossimo tutti davvero amici. Questo è meraviglioso.

Parli di storie di amore, di parentesi sentimentalmente instabili. C’è una situazione specifica da cui hai tratto spunto per una tua canzone?

Sicuramente la mia relazione mi dà tanti spunti per le robe che scrivo. Come ogni storia ci sono stati degli alti e dei bassi, dei bassi bassi direi. Torna utilissima quando prendo in mano la penna perché non devo inventare nulla, basta guardare la chat di WhatsApp.

Nel panorama musicale attuale, dove ti vedi collocato e dove ti vorresti collocare?

Collocarmi da qualche parte è un desiderio che fin ora non ho mai avuto. Per esigenza di sistematizzazione ti direi che sto tra l’hip hop e l’Indie. Io comunque quando faccio le robe l’unica cosa che seguo è l’orecchio, aldilà dei generi.

Sei fortunato perché hai fatto uscire il primo disco, in un momento in cui si ha uno spiraglio di luce e si può tornare a fare promozione anche dal vivo. Farai qualche live in club italiani? Puoi svelarci qualcosa?

Abbiamo in programma tante figate. Non spoilero nulla ma sicuramente si suonerà finalmente face2face e la cosa mi gasa parecchio, non vedo l’ora.

E, per chiudere, dimmi i primi 3 brani della tua playlist preferita…

Ti dico le prime tre dell’ultima che ho ascoltato: Prospettiva Nevski del grande Franco Battiato, Social Sites, Chamber of reflection.

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