Filippo D’Erasmo racconta “Canzoni part time” track by track

Filippo D’Erasmo è il nome che Riccardo ha scelto per il suo progetto, il 2020 si apre per lui con la pubblicazione dell’Ep d’esordio che prende il titolo di Canzoni part time. Una fotografia dietro l’altra, l’immagine finale è quella di una vita comune divisa tra  il lavoro, la musica, la propria relazione e quella sensazione di essere sempre divisi tra due poli. L’effetto applicato è quello di una pellicola vintage, tra sonorità acustiche e strumenti elettronici- Un ibrido che rappresenta perfettamente il mondo musicale dell’artista.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui prima di farci raccontare l’EP traccia dopo traccia.

Iniziamo con una domanda semplice, ti chiamo Riccardo ma ti fai chiamare Filippo, crisi d’identità?

In parte sì! Filippo è sia il mio cognome, che parte del mio nome d’arte.

Quando ho deciso di lanciarmi nel mio progetto solista, si è posta subito la questione, ovvero se uscire con il mio nome di battesimo o se pensare ad un nome d’arte. Ho deciso di prendere la via che sta nel mezzo. Nel mio progetto artistico si riversa una buona parte di me, “Filippo”, ma non la mia persona nella sua totalità, infatti l’altra parte, “D’Erasmo”, corrisponde a tutta quella parte romanzata che accompagna un progetto artistico.

Torniamo alle domande serie, da poco hai pubblicato il tuo EP d’esordio dal titolo “Canzoni Part Time”, ci spieghi bene quale concetto volevi esprimere con questo nome?

Il titolo riprende un periodo in cui mi sono trovato a vivere la mia vita part time: il lavoro, la mia situazione sentimentale a distanza, il mio rapporto con la musica. Mi sembrava di non riuscire a dedicarmi alle cose a pieno e avvertivo costante quella sensazione di essere sempre diviso tra due poli.

Ascoltando le canzoni che ne fanno parte, percepisco una vena cantautorale ma anche suoni che appartengono all’elettronica. Come coniughi questi due mondi?

Penso che questi due mondi possano convergere nella mia scrittura e nella produzione delle mie canzoni. Tra i grandi cantautori mostri sacri del passato ho avuto su tutti due grandi modelli: De Andrè per i testi e la narrativa, Battiato per la forma pop della canzone e per le sue visionarie avanguardistiche sperimentazioni sonore, soprattutto elettroniche.

Se vuoi un esempio più moderno, grande fonte di ispirazione sono per me i Baustelle, che riescono a mescolare un gusto di narrativa retrò nei testi e nelle melodie, con arrangiamenti elettronici e dinamici. Penso a quanto sia stato importante per me e per la musica italiana, il loro disco di esordio “Sussidiario illustrato della giovinezza”.

Qual è il primo strumento che hai iniziato a suonare da bambino?

Il primo strumento di cui ho ricordo è una diamonica (pianola a fiato), su cui da bambino iniziavo a creare le prime melodie strampalate.
Mi ricordo poi un maldestro tentativo di costruirmi uno strumento, usando degli elastici e una scatola di scarpe come cassa armonica..un ibrido tra “un’arpa”e “una chitarra”. Seppur gli elastici facevano note a caso, mi ricordo bene che su quell’aborto di strumento componevo parecchie melodie, chissà in quale sistema tonale. Allora i miei, non so se più impietositi o disturbati dal baccano, mi comprarono in seguito la prima chitarra classica, che seppur sgangherata, conservo ancora gelosamente.

“CANZONI PART TIME” – FILIPPO D’ERASMO // TRACK BY TRACK

Milano, Ilaria e la Nebbia

Atmosfere urbane, dejavù, spazi interni ed esterni che ricordano lei. Uno sfogo corale che irrompe nel ritornello. Ai concerti capita che il  pubblico gridi insieme a me il ritornello, particolarmente liberatorio e catartico. Nei giorni in cui la stavo scrivendo stavo ascoltando i dischi di Calcutta e Franco126, credo abbiano contribuito ad influenzare una certa estetica narrativa nella scrittura del brano.

Anna

“Anna” è un pezzo innocente ed erotico al tempo stesso.
All’azione raccontata nelle strofe si contrappone la dimensione astratta del ritornello, passando attraverso l’onirico dello special.
Un pezzo in cui le chitarre morbide della strofa si abbracciano ai sintetizzatori densi del ritornello e a quelli fluo del bridge.

Zion Shaver

All’inizio questo brano si intitolava “Serpente”. È la storia vera di questo ragazzo americano, a cui da bambino vengono amputate le gambe in seguito ad una malformazione. Il bambino viene abbandonato, passa da una famiglia all’altra, fino a che riesce a trovarne una che lo accoglie. Un giorno gli capita tra le mani un libro di una persona affetta dal suo stesso handicap che era riuscito a fare cose incredibili, decide di tirare fuori gli attributi e seguire la sua strada. Così inizia ad allenarsi nella disciplina della lotta libera e diventa campione della sua scuola superiore, competendo con i compagni privi di handicap. Una bella storia di rivalsa.

Monica sulla Spiaggia di Follonica

Si tratta di un pezzo in un tempo terzinato. Per lo stile e l’atmosfera che richiama, mi piaceva avesse una veste vintage e questo è l’universo sonoro che ho voluto conservare, lavorando con Valerio Carboni (autore e produttore per Warner) che mi ha dato una mano con l’arrangiamento del pezzo. Quando poi sono arrivato in studio per la produzione definitiva del pezzo, la passione mia e del produttore Luca Grossi per sintetizzatori e batterie elettroniche, ha fatto sì che il pezzo si contaminasse: intrecci di violini su un groove di batteria elettronica.
Questo ibrido tra sonorità acustiche vintage e strumenti elettronici è un po’ l’esperimento che volevo portare avanti sia nel disco, che nei live.

Norimberga

Scritta durante un viaggio in treno in Baviera, tra Norimberga e Bamberga. Un pezzo viscerale, nato da un’urgenze emotiva in un momento in cui stavo male. Sincero e terapeutico. Rappresenta anche a livello di suono l’anello tra quello che facevo con la mia vecchia band La Scimmia Nuda e quello che stava diventando il mio percorso solista. Per me questo brano è servito come una seduta di psicoanalisi, lo sento molto sincero ed immediato, senza orpelli, va dritto allo stomaco e al cuore.

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