Il genere umano non è ancora il genere di Willie Peyote: siamo sicuri?

Cinismo, autoironia, denuncia sociale, pessimismo antropologico, ma soprattutto filantropia.

Willie Peyote si presenta così: la sua penna diventa uno scudo e un titolo cinico cattura l’attenzione per inquadrarlo come rapper imbruttito che disprezza l’umanità e se ne serve solo per i suoi testi. Ma non è così, per niente. Guglielmo, così all’anagrafe, è un filantropo per davvero. Nulla, neanche quel realismo graffiante e negativizzante, è in grado di nascondere l’amore che ha per il genere umano.

“Non è (ancora) il mio genere, il genere umano” è il nome del nuovo tour iniziato il 27 ottobre

Il nome è preso in prestito dal suo album omonimo (o quasi) pubblicato nel 2014 e ruba dal primo brano “UFO” del suo album più recente Pornostalgia l’ultima strofa (non è ancora il mio genere / scrivilo sulla lapide).

In realtà in questa intervista scoprirete che il genere umano è decisamente il genere di Willie Peyote.

Peyote Willie genere umano
Willie! Il tour è pronto. Non ci si abitua mai, vero? Neanche dopo anni di carriera?

Purtroppo ci si abitua a tutto, è la natura umana. È vero anche che alla fine dei conti è sempre tutto nuovo. La cosa bella è che suonare con una band e la possibilità di fare scalette diverse, mi permette di rendere il concerto sempre diverso.

Qual è il protagonista di questo tour?

Si riparte da un album che compie 10 anni e che ha rappresentato un primo step della mia carriera. Il titolo del tour nasce dal fatto che casualmente l’ultimo brano di Pornostalgia, “UFO”, si chiude con la frase “non è il mio genere” e quindi è un modo per ricollegare l’inizio con la fine. Il vero protagonista diviene il racconto di riuscire ad essere coerenti pur cambiando tante volte.

In un’intervista hai detto “cambia tutto, ma non cambia niente”.

È cambiata la musica almeno 2 volte dal disco omonimo del tour. Il tentativo di questo tour è raccontare come, pur cambiando sempre, l’approccio è sempre lo stesso.

Quindi il genere umano non è ancora il tuo genere? Io in realtà ti sento troppo umano.

[Ride] Questo nome è nato come una battuta perché nell’ambiente del rap ero percepito come uno che c’entrava poco con il rap. Dicevano che non era il mio genere. Oggi, poi, si parla tanto di genere sotto un altro punto di vista, mi sembrava una frase attuale. È sempre stato il mio genere il genere umano.

Quanta umanità dovresti alla musica in quanto rapper? C’è questa tendenza a rilegare ai rapper sempre un compito: quello di salvatori, di ricercatori di soluzioni, di portatori di verità. Sembra che il rap sia sempre veicolante verso qualsiasi cosa. Perché un cantautore dovrebbe avere questo compito?

Un tempo si cercava di più una rappresentanza nella musica, ora la si cerca in un modo diverso. Si cerca una somiglianza e degli idoli, meno rappresentavi di uno spirito anche antagonista. Il rap è rimasto come genere politico anche se alcuni hanno abdicato totalmente a questo ruolo. Non ho mai cercato di dare risposte, ho fatto sempre domande nelle canzoni. Forse in passato mi piacevano quelli che mi davano da pensare.

Genere Peyote
Hai ancora voglia di pensare così tanto nella musica?

Non ho la certezza di saper pensare ancora in modo giusto, quindi ancora non mi sono rotto i c*glioni di farlo. La tua domanda nasce dal fatto che ci siamo un po’ tutti in generale rotti di pensare, ma è un peccato. Forse c’è passata perché siamo vittime degli stimoli.

In “Frecciarossa” introduci come in una lista termini che oggi vanno di moda “borderline”, “tossico”, eccetera, piuttosto che raccontare un tuo amore tossico realmente vissuto. Adesso si da del tossico a tutto, no?

Hai perfettamente centrato il punto. Qualcuno ha pensato che si parlasse di una mia relazione tossica, ma in realtà no. Il pezzo nasce dal fatto che affrontiamo le relazioni con una nomenclatura che viene dalla medicina. Anche questa storia del ghosting che si associa subito al narcisista patologico.

Ecco, vogliamo sempre una risposta a tutto nei tempi da noi stabiliti: tutto diventa performativo. Il fatto che tu veda quante volte io sono online, ti dà il diritto di pensare che io sia uno stronzo perché non ti ho risposto al messaggio. Dovremmo tornare ad avere un nostro spazio personale. Sicuramente le relazioni sono diventate più difficili, perché abbiamo molte più pretese conoscendo bene la materia.

Il rap è un genere frammentato e con vari schieramenti. Ti senti frammentato come agli inizi della tua carriera?

Sì, mi sento frammentato, ma meno. Sono anche in pace con l’idea che avevo all’inizio.

Sognavi di fare questo lavoro o sognavi di fare questa musica?

Sognavo di fare esattamente ciò che faccio. Sai, suonare su un palco con dei musicisti, poter dire le mie robe, mischiare i generi e arrivare a un giorno ad avere qualcuno che paga per venirmi ad ascoltare. Non sognavo di fare la popstar, volevo suonare.

Per ricollegarci all’apertura (l’abitudine) e la chiusura (il sogno) di questa intervista, ti chiedo: questo tour lo vivi come un sogno o come un’abitudine?

È comunque un sogno, quando ascolto i ragazzi che suonano per me mi ritengo davvero fortunato. In parte il sogno c’è ancora.

Genere Willie Peyote

Questo il calendario completo del tour prodotto e organizzato da Magellano Concerti:

27 ottobre NONANTOLA (MO) Vox

06 novembre VENARIA REALE (TO) Teatro Della Concordia SOLD OUT

07 novembre MILANO Fabrique

10 novembre PADOVA Gran Teatro Geox

13 novembre VENARIA REALE (TO) Teatro Della Concordia

18 novembre BOLOGNA Estragon SOLD OUT

20 novembre FIRENZE Tuscany Hall

25 novembre CIAMPINO (RM) Orion

01 dicembre MOLFETTA (BA) Eremo Club

02 dicembre NAPOLI Casa della Musica

Info e biglietti qui

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