Reinterpretare il dialetto in chiave contemporanea: “Amalfi” di Napoleone

Nel 2020 quando si pensa a Napoli, al mare, alle tradizioni iconografiche, al dialetto, inevitabilmente si pensa a Liberato. Che piaccia o meno, Liberato ha creato intorno al proprio personaggio dei forti richiami di appartenenza, dei valori radicati che forse erano andati persi nel tempo. Le sue canzoni non sono mai casuali, ogni dettaglio è collegato a un elemento ancorato al passato, Liberato vuole essere moderno pur affondando le sue radici in antiche credenze. Ma perché vi sto parlando di Liberato? Perché il protagonista di questa intervista è uno che con Liberato non c’entra assolutamente nulla ma in comune con lui ha l’amore per la Campania. Davide Napoleone, se volessimo leggere la sua biografia da comunicato stampa, dovremmo per forza dire che è autore in Sony per molti artisti (Gaia Gozzi, Chiara Galiazzo) che scalano le classifiche in Italia, è Disco d’oro con un brano scritto per Michele Bravi, insomma vanta un curriculum di tutto rispetto nonostante la sua giovane età.

Da pochi giorni ha pubblicato il suo nuovo singolo dal titolo Amalfi, non una canzone costruita in studio, ma una storia che ha preso vita tra i vicoli della Costiera Amalfitana e ha l’ambizione di arrivare a più persone possibili. Tutto nasce casualmente dalla ricostruzione di un albero genealogico, un lontano parente, Vito Manzo (Amalfi 05/05/1919 – 4/03/1957), alcune tracce di una vena artistica mai sbocciata. L’amore, la paura del futuro e i limoni, questi sono i tre elementi su cui gira la canzone. Tutto finisce per puro caso tra le mani di Davide Napoleone che con suddetto personaggio condivide musica e nome d’arte. Da tutto ciò nasce Amalfi, un riadattamento di alcuni tra i reperti ritrovati, un viaggio nel passato che ci riporta al presente e all’uso del dialetto come la più alta espressione d’arte contemporanea, un omaggio al Sud Italia.

Dopo aver già superato i 15.000 ascoltatori su Spotify, possiamo dire che questo progetto ha tutta l’ambizione per ingrandirsi e arrivare al cuore delle persone legate in qualche modo al Sud italia. Chissà cosa avrebbe detto Pino Daniele ascoltando questo brano…

Caro Napoleone, ci hai regalato una cartolina d’Amalfi che sembra non avere dimensione spazio-temporale. Insomma questo brano sarebbe stato perfettamente in piedi anche se fosse uscito anni e anni fa ed è chiaramente un complimento. Che storia hai immaginato nella tua testa?

Ti ringrazio per il complimento. Delle volte a casa mia, in pieno centro a Torino chiudo gli occhi e provo ad immaginare il mio mare. Quasi sempre mi immagino lì sulla spiaggia a guardare il tramonto. Volevo fermare quel momento, quelle sensazioni.Più che una storia mi sono immaginato un regalo per chi come me da quel mare è lontano.

Questo brano vuole anche restituire vita e dignità alle opere di Vito Manzo, ma spiegaci meglio, chi è questo personaggio?

Vito Manzo era un poeta/falegname di Amalfi con una forte passione per la musica. Morto purtroppo giovanissimo non è mai riuscito a realizzare il suo sogno di diventare cantautore. La famiglia mi ha raccontato parte della sua storia e fatto leggere alcune sue poesie che inizialmente per gioco ho iniziato a musicare. Alla fine ho deciso di riscrivere tutto partendo da quel pochissimo materiale recuperato e farci un disco.

Una peculiarità di questo pezzo è sicuramente l’uso del dialetto in chiave moderna che costituisce un’espressione di arte contemporanea altissima, come ti aspettavi che venisse accolta questa scelta?

Ti dirò, all’inizio ero molto scettico. Non ero pienamente convinto anche perchè sentirmi cantare in dialetto mi ha fatto subito un effetto stranissimo. Alla fine per coerenza alla storia e al personaggio che in qualche modo stavo reinterpretando mi sono convinto. Assolutamente zero aspettative.

Il brano è strettamente legato all’ambito locale ed è bello che molte persone del posto lo stiano apprezzando, la musica sembra sempre avere un rapporto strano con il sud Italia. Mi spiego meglio, al sud sembra che la visione di un artista, soprattutto emergente, sia ancora vista come una figura mitologica o forzatamente legata al neomelodico napoletano. Tu che visione hai?

Al sud c’è ancora un forte legame alle tradizioni. Mi fai una domanda difficile e la mia risposta potrebbe essere fraintesa. Diciamo che il punto di forza del sud è anche il suo punto debole, ovvero quello di essere in qualche modo ancora un po’ “fuori” da un certo tipo di globalizzazione. Questo conserva la bellezza dei posti, rende tutto molto più caratteristico ma dall’altro lato porta le persone che in quei posti ci vivono ad avere una visione della vita molto più complicata.

Puoi darci qualche spoiler sui prossimi pezzi? C’è un disco già finito?

C’è un disco scritto ed un brano quasi ultimato che spero di pubblicare a fine estate. No spoiler!

Mi interessa sapere se il dialetto sarà una caratteristica presente in ogni brano…

In maniera non invadente ma sarà presente in tutti i brani. Per il dopo Vito Manzo si vedrà…

Grazie per la chiacchierata Davide, chiudiamo con un bel detto delle tue parti…

Mia nonna mi diceva sempre “annara annara annara, lu rotto porta lu sano

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