Francesca Michielin, “FEAT (Stato di natura)” è la perfetta fotografia dei nostri tempi

Quando parliamo di Francesca Michielin non possiamo che fare riferimento al suo incredibile eclettismo che, dagli esordi a X Factor fino ad oggi, le ha permesso di portare con nonchalance diversi vestiti, da quello pop a quello più rock, fatto di Red Hot Chili Peppers e Led Zeppelin, proveniente dalla sua adolescenza e dai suoi ascolti.

È un assunto fondamentale, questo, per riuscire a capire dove nasca un progetto come Feat (Stato di Natura), il suo nuovo album uscito il 13 marzo scorso, che ci consegna undici brani nati da collaborazioni disparate per genere e per attitude. Francesca, insomma, lavora su tutte le sue sé, facendosi affiancare dai rappresentanti di spicco dei vari generi e sottogeneri musicali. È una dimostrazione del fatto che pochi, come lei, sappiano cambiare abito rimanendo credibili e consegnando, a chi ascolta un lavoro tutt’altro che raffazzonato, ma intelligente e studiato.

In queste undici canzoni, infatti, la cantautrice veneta è camaleontica fino all’inverosimile tanto da fotografarsi sotto tutti i punti di vista con cui lei vive la musica. E così, brano dopo brano, si costruisce sempre di più l’immagine di un’artista di difficile collocamento ma di grande bravura.

Il concept di riferimento è quello della playlist

A differenza dei precedenti lavori qui c’è volutamente meno compattezza sonora, per via della scelta di realizzare i pezzi con differenti produttori, ognuno con un suo approccio e con precise peculiarità. Il risultato non poteva che essere eterogeneo ma comunque con una linearità di fondo, data dai costanti rimandi al contrasto fra natura e urbanizzazione, due elementi esplorati in varie forme nelle liriche.

Riteniamo, dunque, imprescindibile analizzare il disco brano per brano, per riuscire a dare un giudizio unitario su questo album che racconta, davvero bene, la musica del 2020.

Francesca Michielin
STATO DI NATURA

Pezzo che rimanda chiaramente ai suoi amati RHCP e (soprattutto) ai Led Zeppelin, dichiarata culla e background di Francesca. A condividere il microfono con lei sono i Maneskin. Sicuramente tra le band che sanno meglio reinterpretare il rock old school e già divenuti iconici sebbene giovanissimi. Le voci di Francesca e Damiano danno vita ad un inno, dalle tinte femministe, che apre l’album in maniera incisiva, grazie all’efficace produzione di Tommaso Colliva: un nome, una garanzia.

MONOLOCALE

Il pezzo, dal titolo perfetto per questi tempi, è un interessante esperimento che evidenzia la volontà dell’artista di spaziare fra i generi, senza rigidi confini. L’ospite è Fabri Fibra, il quale dimostra di sapersi mettere sempre in gioco come se fosse la prima volta, uscendo dalla propria comfort zone per abbracciare il mood gospel del brano prodotto da Frenetik & Orang3. Fra un piano soul e percussioni r’n’b, si snoda un cantato intrigante, completato da un inciso catchy che si stampa subito in testa.

SPOSERÒ UN ALBERO

Sono sonorità new-reggae (prodotte nuovamente da Frenetik & Orang3, creatori indiscussi di hit) e tematiche ecologiste a dare il benvenuto in questo album a Gemitaiz, una delle penne più riconoscibili della scena rap italiana. È, tuttavia, forse questo scontro tra il personalissimo stile del rapper e il reggae a non convincere del tutto e a rendere questo brano il più debole del progetto.

GANGE 

Il leitmotiv della canzone è un riff di synth old school che sembra uscito direttamente dai successi pop dei primi anni 2000. Ottimo collante fra il flow energico di Shiva e la voce di Francesca, dal risultato fresco e sorprendente, contemporaneo e vintage allo stesso tempo.

Francesca Michielin
YO NO TENGO NADA

In questo brano, cantato in duetto con Elisa, si uniscono due figlie del nordest, fornendo uno sguardo laterale e alternativo nei confronti della propria terra. Veneto e Friuli-Venezia Giulia saranno sì due regioni pervase, nella stagione invernale, da freddo e nebbia, ma queste sonorità vogliono essere un modo per evadere con l’immaginazione, trovando bellezza e colori anche nella quotidianità. Decisivo il contributo di Dardust, che, come suo solito, realizza una produzione impeccabile, dove convivono synth e chitarre latin pop, autotune e archi, dimostrando che questi ritmi possono nascere anche su una spiaggia dell’Adriatico.

RISERVA NATURALE

Quando ha dovuto descrivere questo brano, l’artista ha parlato delle atmosfere e delle sensazioni dei suoi primi tempi a Milano; non poteva esistere collaborazione più adatta dei Coma Cose, che del capoluogo lombardo hanno fatto soggetto e misura della loro musica. Il risultato è una interessantissima commistione di generi e incastri. Uno dei pezzi da mettere subito in playlist.

ACQUA E SAPONE

Chi se non Tommaso Paradiso poteva essere il co-autore del pezzo in questione? Il sound, a cura di Takagi & Ketra, è marcatamente anni ’80, spensierato e giocoso, e vede l’incontro di due nomi che difficilmente si sarebbero immaginati insieme fino a poco tempo fa, è infatti presente il re del reggaeton all’italiana: Fred De Palma. Stavolta abbandona il mood estivo per cui è divenuto celebre, rivestendo i panni del rapper intimista, per un risultato convincente, che cresce ascolto dopo ascolto. Potrebbe far parte della colonna sonora di un film di John Hughes, fra sogni e romanticismo.

LA VIE ENSEMBLE

Il brano più elegante dell’album dà il benvenuto ad una delle voci più raffinate della musica italiana: Max Gazzè. La canzone, che parla di un amore difficile e di spazi incondivisibili, è cantata in francese e italiano, con un risultato di rara magia. L’atmosfera che si crea, ascoltandola ad occhi chiusi, è quella di un appartamento nel Marais, dopo una rassegnata lite. Bellissima.

STAR TREK

Anche Carl Brave si approccia a nuovi mondi, curando una produzione inedita per lui, dal sound sfacciatamente sudamericano, con una godibilissima incursione di fiati sullo sfondo. Viene raccontata una relazione dal mood estivo, malinconico e assolato, in cui si mischiano Fregene e Copacabana, dando l’ennesima prova dell’eclettismo di Francesca, che non rinuncia all’esplorazione di linguaggi sempre diversi, canzone dopo canzone.

 

CHEYENNE

È l’unica canzone dell’album in cui la cantante è apparentemente sola. Il microfono non è condiviso con nessuno ma dietro le quinte di questo pezzo si nascondono (ma nemmeno troppo) Charlie Charles alla produzione e Mahmood alla scrittura. La storia definisce perfettamente il concept dell’album, ribadendo l’ideale unione tra immaginario urbano e naturale di cui si nutre il progetto.

LEONI

A chiudere il disco all’insegna di una spensieratezza estiva e bramata è uno dei personaggi più interessanti e sottovalutati della musica italiana, Giorgio Poi. Il brano, già colonna sonora di Summertime, serie originale Netflix, è un inno all’essere imperfetti. Ma soprattutto è una cartolina di un’estate italiana che, mai come ora, aspettiamo con ansia.

Per concludere, quello di Francesca Michielin è un affresco attento e arguto della musica italiana e della sua figura che sono in perenne e reciproca evoluzione. In questo senso, Feat (Stato di Natura) diventa un album a tratti epocale, per la sua capacità di aver dipinto, passo passo, la storia di quella che è la scena italiana del 2020. Comunque la si voglia guardare, questa è l’ennesima consacrazione di un’artista troppo spesso associata alla sua versione statica del passato pop mainstream e che, invece, si rivela di volta in volta capace di reinventarsi senza mai perdere in naturalezza e riconoscibilità, rimanendo curiosa e aperta verso le infinite possibilità che il mondo le offre.

Di Mariarita Colicchio e Filippo Duò

Ascolta qui il nuovo disco di Francesca Michielin

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