Caramello: fucina di idee creative nata in pandemia

Fino a qualche mese fa sembrava un futuro incerto quello della musica dal vivo eppure è già qui, più bello o più brutto di come l’avevamo immaginato? Fatto sta che quest’estate si prospetta piena zeppa di festival nuovi e vecchi, di artisti in tour, di locandine in giro per le città… insomma non bastano i giorni in agenda a voler partecipare a tutti.

Questo fermento si era già percepito durante la stagione invernale, seppur ancora con delle forti limitazioni, fosse solo il dover cantare e ballare seduti con una mascherina sulla bocca e a debita distanza gli uni dagli altri. Tra le città che più di tutte hanno goduto di questo ritorno alla (quasi) normalità c’è senza dubbio Milano, da sempre fucina di talenti, un pubblico difficile da conquistare ma che, una volta conquistato, rimane fedele.

Lo sanno bene i ragazzi di Caramello, che rispondono al nome di Antonio Schiano e Nicolò Posenato. Giovanissimi e intraprendenti, si accollano il rischio dell’incertezza ma sembrano essere a loro agio in questo mood. Hanno iniziato nel 2020 curando la rassegna di APE in piazza Affari a, riempiendo due (e più!) serate a settimana all’Arci Bellezza e piano piano si sono imposti anche con il format Glassa, in collaborazione con Via Audio e il giovedì sera al Tunnel, concerti e dj set fino a notte fonda.

Una Milano più attiva che mai, terreno fertile per le loro idee creative, partendo dalle macerie dell’Ohibò e del Serraglio in questi mesi moltissimi artisti emergenti e non (Elasi, Comete, Laila Al Habash, Iside, Angelica, Germanò, 2004 Sgrang, Laguna Bollente, Ginevra Nervi, Cosmetic, C+C= MAXIGROSS e molti altri) sono passati alle loro serate.

Ci siamo fatti raccontare come una piccola realtà come la loro sia riuscita in così poco tempo a imporsi sugli eventi della città meneghina. Spoiler: anche loro due hanno progetti musicali all’attivo, ci siamo fatti raccontare come la vivono dall’altra parte della barricata.

Caramello © Silvia Violante Rouge
Partiamo da un’analisi di contesto. Partiamo da un luogo geograficamente definito: Milano. Come va la vita notturna post pandemia?

Sicuramente la voglia di far festa e di socialità si percepisce tantissimo; lo vediamo con quasi tutti gli eventi a cui prendiamo parte sia come pubblico che come organizzatori; sia in spazi all’aperto che al chiuso. Il mondo “clubbing” è pienissimo di format, vecchi e nuovi;  tutto ciò che è più intrinsecamente legato al ballo, ai djset, funziona tantissimo, soprattutto ora. Per quanto riguarda i live invece stiamo ancora capendo cosa succederà; è un periodo strano perché ci sono progetti che inaspettatamente fanno soldout e altri che non attirano davvero per niente il pubblico, nonostante le premesse di qualcosa di molto valido. La cosa sicuramente positiva comunque è vedere come moltissime persone abbiano ricominciato a elaborare e proporre nuove idee, contenuti sempre vari, eterogenei, e come il pubblico sia in fermento.

“Caramello” nasce in pandemia, questo pessimo tempismo vi è servito per farvi trovare pronti una volta che gli eventi sono ripartiti. Come avete vissuto gli ultimi due anni e qual è stata la miccia che vi ha fatto dire: “Ok, facciamolo”?

Mah, guarda, in realtà avevamo già in mente di provare a fare qualcosa di nostro, che in qualche modo dipendesse nel bene o nel male da nostre scelte. Ci conosciamo l’un l’altro dall’esperienza fatta con APE, di cui siamo tuttora i direttori artistici, e in quel momento di stop pandemico, come per molti altri, c’era stata una notevole diminuzione degli eventi, soprattutto di quelli più grossi come, appunto, quelli di APE. Un po’ per la necessità di tenerci impegnati, un po’ per l’ambizione di creare qualcosa che andasse oltre l’organizzazione degli eventi ma che rappresentasse al meglio le nostre velleità creative, ci siamo buttati. Sicuramente è stato un bel banco di prova finora, fatto davvero di imprevisti continui e di ostacoli all’ultimo secondo; però proprio il fatto di averci creduto così tanto, quasi con testardaggine, ci sta creando ora delle belle possibilità.

Caramello
Caramello © Silvia Violante Rouge
Cosa vuol dire organizzare eventi con le restrizioni e come si educa il pubblico al rispetto delle regole?

Sicuramente non è sempre la cosa più gratificante del mondo, ma ha i suoi aspetti interessanti. Più che altro perché ti mette di fronte alla necessità di cambiare piani di continuo; anche se la forte demoralizzazione è potenzialmente all’ordine del giorno. Vedere il pubblico che non può lasciarsi completamente andare e , quando lo fa, essere tu a doverlo richiamare, è stato snervante. Noi stessi ad alcuni concerti, onestamente, avremmo partecipato a fatica come pubblico; quando abbiamo visto il riscontro positivo in alcune situazioni lo abbiamo interpretato quasi come un atto di amicizia o solidarietà verso quel che stavamo costruendo. A essere onesti comunque il pubblico stesso, soprattutto nei live e nelle situazioni organizzate nella legalità, si è abbastanza auto-regolato; non ci sono stati particolari momenti di tensione legate alle restrizioni.

 A tal proposito cosa pensate delle 3 date-evento che Cosmo ha fatto a Bologna senza distanziamenti?

Eh, in realtà ci siam parecchio gasati, dopo i vari spostamenti per le continue restrizioni; è stata una delle prime grandi occasioni per vedere una luce in fondo ai dpcm. Nicolò ha partecipato personalmente, Anto è rimasto a casa con l’influenza; ma con lo spirito ci eravamo entrambi!

Quale suggerimento vi sentite di dare ad altri ragazzi e ragazze come voi che vorrebbero iniziare a muovere i primi passi organizzando eventi musicali? Quali sono le difficoltà che una piccola realtà deve affrontare per trovare il proprio spazio? Mi viene da pensare anche alle piccole città dove spesso manca la cultura di andare ai concerti per scoprire musica nuova di artisti emergenti…

Guarda forse la cosa che ha più senso dire è che organizzare eventi significa tante cose e non solo “partecipare alle feste, parlare con gli artisti e fare pubbliche relazioni”; significa invece coprire ruoli più differenti per arrivare al migliore risultato, tutti con la stessa dignità e con la stessa importanza, dall’occuparsi della biglietteria all’essere stage manager, dal prenotare i voli per gli artisti fino al relazionarsi con booking, agenzie etc. Ogni tanto la sensazione è che venga vista solo la parte più “luccicante” di questo lavoro, quando invece la fatica, il sacrificio e il rischio sono all’ordine del giorno. Non si tratta di avere solo la passione per la musica ecco; perciò ha senso guardare con curiosità a questo mondo prima di capire se è davvero la strada che si vuole intraprendere.

Caramello
Caramello © Silvia Violante Rouge
Qual è l’evento che vi siete divertiti di più ad organizzare e qual è invece quello che vi ha fatto dannare di più?

Difficile dirne uno anche perché la risposta cambierebbe di giorno in giorno. Cerchiamo sempre di trovare idee inedite e originali, percorsi inediti che ci possano distinguere dagli altri creatori di divertissement.

Forse i primi concerti in piedi dopo tanto tempo sono stati quelli più gratificanti; o anche alcuni showcase o feste semi-private dove si è creato un mood super positivo e una connessione molto intima con l’artista. Così su due piedi ci viene in mente il secret showcase di Pop X per la release del suo nuovo album, nella palestra del Bellezza; oppure anche quelle date che avevamo in ballo da tempo e continuamente rimandate, tipo Laila Al Habash al Tunnel su tutte. Quella che già ha fatto più dannare? Beh… la data di “auto-censura”.

Entrambi avete all’attivo progetti musicali, dall’altro lato della barricata come vivete la costruzione del pubblico dal vivo?

Molto molto complessa; non che prima non lo fosse eh. Però ci sono proprio nuove dinamiche legate al mondo digital che fanno sì che sia tutto un po’ impazzito. Playlist pompate che è banale citare ad esempio, oppure tutta la creazione del profilo dell’artista, talvolta più destinato ai social che alla fruizione della musica dal vivo. Insomma, c’è molta confusione tra musicista e content creator, tra marketing e comunicazione sotto forma d’arte. Probabilmente anche il pubblico si trova confuso; un giorno ha dei riferimenti, il giorno dopo ne ha altri; tutto va molto veloce e costruire la fiducia e l’intesa con un proprio pubblico è, a sua volta, legato a queste dinamiche sempre nuove. C’è chi riesce a interpretarle al meglio e sfruttarle per crescere come personaggio/artista, chi fa effettivamente cose dal grande valore artistico ma non si destreggia in questi meccanismi, chi è bravo in entrambe le cose insomma.

Concludiamo con una domanda che potrebbe sembrare banale ma non lo è: le persone hanno ancora voglia di andare ai concerti e soprattutto di spendere soldi per ascoltare musica?

Incontriamoci qui il prossimo anno per vedere se arriveremo in Lamborghini, in calesse o a piedi. Per ora non azzardiamo troppo dai.

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