Carlo Corallo: “Se fossi una figura retorica sarei una metonimia”

Siciliano, classe 1995, cultore della scrittura, Carlo Corallo è una figura polivalente, capace di eseguire storytelling e in grado di attirare facilmente l’attenzione dell’ascoltatore grazie al raffinato lessico impiegato all’interno dei brani. La sua versatilità e preparazione gli hanno permesso di essere notato dai principali esponenti della scena hip hop italiana, tra cui Murubutu, con cui ha collaborato nel brano “I Maestri pt. 2” e di cui apre alcune tappe del tour. Can’tautorato è stato anticipato dal singolo “Amari un po’”, disponibile dal 29 ottobre su Spotify e tutte le principali piattaforme streaming.

Can’tautorato” rappresenta il punto d’intersezione fra un rap utilizzato come strumento narrativo e una matrice cantautoriale impegnata a livello contenutistico. Il flusso di parole fa da padrone, limitando la parte cantata, sintetizzata nell’autoironico inglesismo “Can’t” e parte del titolo completo del disco, in modo tale da focalizzarsi sull’importanza del verbo. Al di là di questa componente satirica, il progetto tratta temi forti, molto differenti l’uno dall’altro, ma con un denominatore comune: la quotidianità. Il pianoforte caratterizza i brani in apertura e chiusura, mentre quelli centrali vedono come protagonisti strumenti tipici della musica jazz.

“Can’tautorato” è titolo del tuo album d’esordio, che tu stesso hai definito romantico nel senso ottocentesco del termine. Spiegaci meglio questa cosa..

Con questa espressione intendo riferirmi ad un disco che parla di amori inquieti, tempestosi e che scavano all’interno. Quasi una moderna rielaborazione della “Sehnsucht” radicata nel romanticismo tedesco, ovvero bramare fortemente qualcosa fino a farsi male per averne un po’.

Possiamo definire il tuo genere come rap d’autore?

Sì, mi piace questa definizione. Altri sinonimi sono “cantautorap” e “storytelling”. Il tratto caratteristico, infatti, sono i testi, più vicini al cantautorato che al rap

Quali sono le connessioni tra il mondo rap e il cantautorato classico italiano?

Secondo me, il rap, è semplicemente il cantautorato con qualche errore grammaticale in più. E ciò lo impreziosisce di un nuovo punto di vista: quello del linguaggio colloquiale, che mai come in questo genere è riuscito a trovare la sua forma più alta. Quasi tutti i rapper più capaci nelle liriche, infatti, arrivano a costruire intrecci di senso molto alti con termini di uso comune. Il cantautore, invece, nell’ immaginario collettivo, è visto come una figura dotata di un pesante bagaglio culturale. Tuttavia, la scena odierna sta creando degli ibridi in cui mi rivedo molto.

Alla luce di queste riflessioni, nasce spontanea la mia domanda, cosa ascolta Carlo Corallo quando è chiuso nella sua cameretta?

Kendrick Lamar, J.Cole, Yann Tiersen, Jorja Smith, Joe Hisaishi, Dargen D’Amico, Murubutu, Dutch Nazari, Willie Peyote, Rancore, Sufjan Stevens, Iosonouncane, Carmen Consoli, Beach House, Mac Demarco.

“Una canzone di successo” è in ft. Con Matteo Maffucci. Come è nata questa collaborazione? Raccontaci qualcosa sul vostro incontro artistico..

Matteo Maffucci è un amico e, poichè ci vediamo molto spesso, abbiamo deciso di prenderci un po’ in giro su una strumentale, dando una nota comica ad un disco molto malinconico. All’inizio c’era l’idea di mettere in scena la parodia di una classica performance da talent show, poi abbiamo optato per parlare liberamente di vari temi ironicamente seri.

Nel disco ci sono anche altre collaborazioni, con Dj T-Robb e con dile. Avete scritto insieme i brani?

A T-Robb ho chiesto di aggiungersi a brano finito. È stato bravissimo a tradurre in poco tempo, con gli scratch, esattamente ciò che avevo in mente. Mastrota ne sarà felice. Lo stesso vale per il brano con Dile. Io e lui siamo molto amici ed avevo bisogno di una voce graffiante che lasciasse il segno, creando un cortocircuito attraverso la citazione del famoso motto del “Team Rocket”.

Se tu fossi una figura retorica, quale saresti?

Sarei una metonimia.

Un saluto ai lettori di Le Rane…

Un caro saluto ai lettori di “Le Rane”! Che poi anche io sono un lettore di “Le Rane”.

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