Dobbiamo partire dal lontano 2001 per raccontare “Zeta Reticoli” dei Meganoidi, il suo significato e come è diventata la canzone simbolo per così tante persone.
Era una torrida estate. Per una generazione intera – quella nata tra la fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90 – sarebbe stata l’estate della perdita dell’innocenza.
Aspettavamo che il telegiornale finisse, così che i nostri genitori ci potessero restituire lo scettro del comando del televisore per guardare i nostri amati cartoni. E invece quel telegiornale non finiva. Era la prima volta che facevamo i conti con la violenza reale in TV: da una parte orde di manifestanti, dall’altra uomini col casco blu, manganelli neri e scudi trasparenti. “Mamma, ma quelli con la scritta Polizia sono i buoni?”, avrà chiesto qualcuno di noi, ricevendo in risposta un assordante silenzio.
E poi, in quei giorni di caldo e violenze, accadde qualcosa. Le immagini dei telegiornali cominciarono a trasmettere tutte la stessa scena: un uomo a volto coperto con in mano un estintore, e la mano di un carabiniere che punta l’arma dall’interno di un veicolo. Due colpi alla testa, poi il manifestante cade a terra senza vita.
Erano gli ultimi istanti di vita di Carlo Giuliani.
Erano i primi giorni in cui in Italia la democrazia venne sospesa da uno stato repressivo di Polizia.
Era la Genova del G8 del 2001.
Era l’ultima estate spensierata della nostra vita.

Catturati nel sonno della nostra età
A saper catturare in musica quelle sensazioni sarà una band niente male proveniente proprio da Genova. Prendono il nome dai Meganoidi, i cattivi del cartone Daitarn 3 (se non sapete di cosa parliamo non è colpa vostra, siete solo troppo giovani). Il grande pubblico li aveva conosciuti di sfuggita pochi anni prima, quando il celebre programma TV Le Iene deciderà di usare la loro Supereroi come sigla.
Ma nel frattempo ne sono successe di cose. C’è stato l’omicidio Giuliani, e il mondo ha assistito in diretta al crollo delle due torri a New York.
Nel 2003 i Meganoidi pubblicano un album che segnerà il loro distacco dallo ska del primo EP. È un disco rock ma con i fiati. Il titolo è strambo, ma abbastanza autoesplicativo: Outside the Loop, Stupendo Sensation. Fuori dal loop, fuori dalla scena, fuori dal sistema.
La tracklist comprende 12 tracce, tutte in inglese eccetto tre. Tra queste c’è la canzone che chiude l’album: Zeta Reticoli. I Meganoidi ancora non lo sanno, ma diventerà un inno generazionale per chi, grandi e piccini, hanno visto o vissuto gli orrori di Genova, tra l’assassinio di Carlo Giuliani e la macelleria messicana della scuola Diaz.
Il significato di Zeta Reticoli dei Meganoidi
Riferendosi alla costellazione Zeta Reticuli, che secondo alcune teorie sugli ufo ospiterebbe forme di vita aliene, i Meganoidi immaginano un mondo lontano, come idea di fuga da quello al collasso del G8 di Genova. Nei versi, questo luogo cosmico diventa simbolo dello straniarsi dalla società contemporanea.
La canzone esprime la delusione di una generazione che aveva creduto in un cambiamento possibile, ma che ha dovuto arrendersi alle forze repressive del manganello. Tuttavia è nel ritornello che il protagonista rigetta la resa, e promette di ritrovare il proprio slancio per sovvertire l’ordine delle cose.
La prima strofa riflette proprio gli ideali dei movimenti no-global (e non solo) che in quella torrida estate alzarono la voce contro i grandi del mondo (“Preso con l’ultimo invito di un progetto che si presenta nel nome della verità”). Ma ben presto prende il sopravvento anche la disillusione per come andarono le cose (“You know, falling in illusion”). C’è tutta la rabbia di una generazione incapace di risvegliarsi dal torpore (“Catturati nel sonno della nostra età”). Un torpore indotto da chi non solo ha assassinato la democrazia, ma ha anche continuamente provato a insabbiare la verità sui fatti di Genova.
Nonostante la voglia di abbandonare la propria ideologia e trovare pace in un universo distante, non è facile né giusto lasciare che siano le prepotenze a prevalere (“Un messaggio ripete che il mio posto è qui”). E poi ancora il ricordo di quanto avvenuto quell’estate (“Dimmi se ci sei anche tu in un lago di sangue detto libertà”).
Il testo di Zeta Reticoli dei Meganoidi è tanto criptico quanto chiaro.
Come se fosse un quadro impressionista in cui niente ha senso se non lo guardi dalla giusta distanza. La seconda strofa, ad esempio, non cita mai esplicitamente il nome di Carlo Giuliani, ma la dedica è chiarissima, fin da quel “Neri quei giorni che passano senza di te”.
L’eredità culturale: come Zeta Reticoli dei Meganoidi è diventata un inno generazionale
Col passare degli anni la canzone è stata colonna sonora di cortei e manifestazioni, suonata ad alto volume nei centri sociali e intonata da tutti quelli che non hanno dimenticato quanto accadde in quella calda e sanguinosa estate del 2001.
È diventata il simbolo di una generazione intera perché è riuscita a fondere rabbia, disillusione e speranza in un linguaggio musicale e visivo che ha rappresentato fedelmente lo spirito giovanile dei primi anni Duemila. Adottata come inno da un’intera fascia di giovani che si riconoscevano in ideali di giustizia sociale, antimilitarismo e lotta alla globalizzazione capitalistica.
Ostinati a ripetere tra i denti:
brucia ancora,
che prima o poi ritorneremo.
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