Certe storie di musica finiscono con un botto, altre con l’inevitabile logorio, come se fosse l’ultima, interminabile nota di feedback di un amplificatore. Quella di Roberta Sammarelli e dei Verdena, invece, si è conclusa con una sincerità quasi disarmante affidata a un post sui social: una scelta sofferta, presa alla fine del tour 2023 e mantenuta privata fino a oggi.
“Ora sento il bisogno di andare avanti, in un’altra direzione, in uno o più viaggi che non sono sicura dove mi porteranno, ma che è il momento di intraprendere.” Parole semplici per chiudere un’epopea durata quasi trent’anni. Un sodalizio artistico che, di fatto, ha creato uno dei suoni più riconoscibili e alieni del panorama rock italiano.
Del resto, i Verdena non sono mai stati tipi da grandi proclami, e nemmeno Roberta. Lei, la ragazza di Albino, provincia di Bergamo, che a sedici anni suonava nelle Porno Nuns, è entrata quasi in punta di piedi nella band, arruolata a suonare il basso dopo l’addio di Maurizio Brazzoduro. Una fan che prende il posto del bassista. Sembra l’inizio di una di quelle favole rock dove la comparsa diventa protagonista.
E protagonista lo è diventata, eccome. Pilastro della forza distruttrice dei fratelli Ferrari, armata di Rickenbacker e Big Muff.

Questo articolo non vuole suonare come un luttuoso necrologio, ma come un omaggio. E allora abbiamo selezionato per voi le 10 linee di basso più interessanti che Roberta Sammarelli ci ha lasciato in eredità, la traccia indelebile nella musica che fortunatamente, come scrive lei stessa, “resta indelebile”.
Le 10 linee di basso più interessanti di Roberta Sammarelli dei Verdena
Zoe (Verdena, 1999)
È il primo album, quello che consacrerà i Verdena a realtà aliena del panorama alternativo italiano. È vero, in Zoe il basso non fa niente che non sia riprendere il riff di chitarra. Ma nelle strofe lo fa talmente bene (e con un suono talmente cicciotto) da mantenere in piedi tutta la baracca, permettendo ad Alberto Ferrari di arpeggiare con insostenibile leggerezza (dell’essere).
Colle Immane (Endkadenz Vol. 2, 2015)
Il doppio album Endkadenz, se confrontato con il primo Verdena del 1999, fotografa al meglio l’evoluzione stilistica di Roberta Sammarelli. E se è vero che la tracklist è piena di linee di basso interessanti, abbiamo scelto Colle Immane per come le 4 corde di Roberta sviluppano la trama delle strofe.
Pascolare (Volevo Magia, 2022)
Accendete il Big Muff, e probabilmente pure un octaver. Il basso di Pascolare è una sequela di pugni in petto assestati con precisione chirurgica. Nessun orpello, perché a Mike Tyson non chiedi certo di fare le piroette. Lui ti prende a pugni e basta.
Don Calisto (Requiem, 2007)
Avete presente la scena di Chiedimi se sono Felice, quando Aldo, Giovanni e Giacomo citano Teorema di Marco Ferradini? Com’è che ripetevano? Ah, si: NESSUNA PIETÀ, NESSUNA PIETÀ!
Miglioramento (Wow, 2011)
Comincia con un incedere martellante a là Under Pressure, e ben presto diventa un saliscendi ribattuto di note che accompagnano per il braccio le strofe di Alberto (e gli fanno anche da controrisposta nelle battute senza voce).
La Volta (Wow, 2011)
Non è certamente il brano più popolare dei Verdena, essendo una traccia strumentale di poco meno di quattro minuti. Ma se volete sapere perché è in questa lista vi basta saltare al minuto 02:50. Non c’è di che.
Elefante (Il Suicidio dei samurai, 2004)
Chi l’ha detto che il basso dev’essere suonato solo sulla prima parte del manico? In Elefante c’è una piccola inversione di ruoli, almeno nell’intro: Roberta suona un incessante riff sulla parte alta del manico, condendo il tutto con una buona dose di effetti, mentre la chitarra resta sulle note basse. L’ordine delle cose si ristabilisce nel ritornello, dove parte la più classica delle linee di basso Sammarelliane.
Angie (Requiem, 2007)
Dimenticate la cattiveria e le plettrate senza pietà di cui sopra. In Angie abbiamo un basso che fa l’amore con la melodia, per una scelta di note che nelle strofe ricorda inevitabilmente quella di Sir Paul McCartney. Poi il pezzo evolve, e sul finale ritroviamo l’approccio grunge che conosciamo e amiamo.
Il nulla di O. (Wow, 2011)
È la masterclass del bassista alternative rock: saper stare al tuo posto, incollato alla cassa del tuo instancabile batterista. Altro che Il nulla di O., questo è Il tutto di R.
Luna (Il Suicidio dei samurai, 2004)
Se cercate sul dizionario del rock “linea di basso post punk”, troverete un QR code che porta alla strofa di questo brano. E VEEEEEEEEDOOOOOO TAAAAAAH IO E TAAAAAAAAAAAH E NIENTEEEEEE CONTAAAAAAAAH
“Solo un grande sasso” pt 1 e pt 2 le ricordo solo io?