Martina Attili, “Signorina Rivoluzione” e le storie degli altri

È lei stessa a ricordarlo, all’inizio della prima delle due date live che festeggiano l’uscita di Signorina Rivoluzione, il suo primo disco. Sei anni meno un giorno fa, per la precisione, Martina Attili stava iniziando il suo primo tour, fresca del successo a X Factor. In mezzo, c’è stata la maturità, la patente, qualche storia d’amore, qualcosa andato non proprio secondo i piani (ma quali piani, verrebbe da chiedersi). Soprattutto, in mezzo c’è la storia di un’artista che non ha smesso di scrivere, di suonare, di raccontare storie.

Storie che poi sono confluite nel primo disco, che raccoglie brani pubblicati sui social media, suonati qua e là, approdati alle selezioni di Sanremo Giovani. E così si arriva alla prima data del secondo tour di Martina Attili, al Detune di Milano. Un locale piccolo, la capienza è di una cinquantina di persone circa. Chi canta guarda negli occhi gli spettatori uno per uno, è vulnerabile su un palco alto qualche centimetro, non c’è nessun grado di separazione tra chi suona e chi ascolta. Non è esattamente banale.

Martina Attili ha dato alla sua musica una missione ben precisa: dare voce a chi, una voce, non ce l’ha, per qualsiasi motivo.

E così, Signorina rivoluzione è un disco che narra le storie degli altri. Le forme che assumono sono molteplici, sfaccettate. Ci sono i pensieri di una bambina in Afghanistan, durante la guerra, che perde la madre (Quando morirò dirò tutto a Dio). C’è la storia di un’insegnante a Gaza che finisce per dormire nella scuola che fino a poco tempo prima era colma di ragazzini che volevano imparare e divertirsi (La partita di pallone), nell’indifferenza generale di buona parte del mondo. O ancora, una bambina americana vittima di violenza sessuale, che fu un caso mediatico in Ohio (Eva e Adamo).

Tutte storie che la cantautrice narra in prima persona, assumendosi il carico emotivo, senza banalizzarlo e senza aggiungere teatralità superflua. Non sono solo storie sociali, o per certi versi politiche. È il caso, ad esempio, di Occhi blu, l’ultimo dialogo tra un padre e una figlia, che una ragazza raccontò sui social all’artista.

Raccontare le storie degli altri è rischioso.

Lo è innanzitutto perché, se non si possiede la giusta dose di empatia, c’è il rischio di apparire costruiti, di innalzare qualche muro involontario che rende difficile che i pezzi risuonino in chi, quelle situazioni, le vive davvero. E poi, parlare di certi temi può attirare antipatie e commenti non richiesti (lo abbiamo visto coi Patagarri al Concerto del Primo Maggio). Martina Attili racconta le storie degli altri senza proclami altisonanti e con sincerità. Sono argomenti che le stanno a cuore, e di cui semplicemente le viene naturale scrivere. Non ci sono forzature, non c’è la volontà di cavalcare l’onda di quello che va di moda, con il solo fine di abitare un piedistallo etico.

L’abbiamo incontrata poco prima del concerto, e ci siamo fatti raccontare direttamente da lei la sua seconda opportunità da cantautrice, e l’empatia che si porta dietro.

Martina Attilli Signorina Rivoluzione
Martina Attili – Signorina Rivoluzione [Ascolta qui]
È uscito da qualche giorno il tuo primo disco, Signorina Rivoluzione. Un disco che ha avuto una gestazione abbastanza lunga, se pensiamo a quando sono stati rilasciati i primi singoli. Come ti senti?

Sono molto contenta, questo è tutto quello che ho da dire. Sono felice di essere riuscita a raggruppare dei brani che in questi anni ho pubblicato sui social e che sono stati apprezzati là, e sono felice di poterli cantare dal vivo.

Alla fine della title track, c’è una frase: la cosa importante adesso è non disilludersi a solo vent’anni. C’entra qualcosa l’industria discografica, che magari sei anni fa, a X Factor, immaginavi diversa?

No, non ha niente a che fare con la discografia. Ho vissuto questi anni in attesa di questo momento, ora è arrivato e questo è l’importante.

Spesso si pensa che per i cantanti emergenti sia più difficile esporsi su certe tematiche sociali o politiche. Sei d’accordo? E cosa ti spinge a farlo?

Per i cantanti emergenti, secondo me, in relatà è più facile. Sono degli argomenti divisivi, per i Big c’è il rischio di perdere del pubblico, mentre da emergente uno lo sta ancora creando. Non c’è un motivo morale per cui scelgo di parlare di questi argomenti. Mi sono sempre detta che non volevo monopolizzare le canzoni con le mie storie, anzi, volevo usare la mia voce per dare voce a chi non la ha o non sa come usarla.

Ecco, infatti: nel disco tu racconti molte storie degli altri. Non solo quando tratti di tematiche sociali, ma anche in brani come Occhi blu, che è un pezzo molto personale. Come si arriva ad avere quest’empatia? E non è un po’ fardello per la vita?

Eh sì! L’empatia secondo me si può allenare, anche se nel mio caso è abbastanza innata. Io non sono una grande chiacchierona, mi ritrovo molto ad ascoltare. Ho vissuto così tante situazioni che, nel bene o nel male, riesco a capire cosa prova la gente. È un po’ un fardello perché se non metti una protezione, finisci per accollarti i problemi degli altri come se fossero tuoi. E su questo sto cercando di lavorarci.

Eva e Adamo è il brano che avevi presentato alle selezioni di Sanremo Giovani, e che è stato escluso. Senza fare teorie del complotto sul perché, volevo chiederti perché volevi che proprio questo pezzo arrivasse su quel palco.

Perché secondo me è importante ricordare alle donne che hanno dei diritti.

E che cover canteresti a Sanremo?

A Sanremo Giovani non c’è la serata cover! Ci penso sempre, ma poi mi dico, va beh, tanto a Sanremo Giovani non c’è…

E metti che vai tra i Big!

Io penso che inviterei Max Pezzali, o qualche cantante che vorrei ascoltare, mi metterei accanto e farei ogni tanto dei coretti. Brunori Sas, anche, per esempio. Tutte le persone che stimo, e io canterei una frase. Ne approfitterei per invitare i miei preferiti e sentirli cantare.

Negli ultimi anni hai raccolto molto seguito sui social media: adesso però è il tempo di raccogliere queste persone, e portarle a sentirti ai concerti. Come stai vivendo questa transizione?

In una maniera tragica! Percepisco che esattamente sei anni fa ero in un altro teatro, con un’altra capienza. Mi rendo conto di quanto sia difficile ricominciare, ma è anche una cosa bella, le seconde opportunità sono una cosa bella. Però da qualche parte si dovrà pur partire, per crescere.

Nel set del concerto cosa canterai, oltre al disco?

Alcuni brani che ho caricato su Youtube, come Le cose vanno bene e Primo liceo. Qualche vecchio singolo come Piccoli eroi, e due cover, che erano le preferite di tanto tempo fa e che ci divertono ancora molto!

Domani Martina Attili suonerà presso Campo Magnetico, Roma

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