Gabriele Centurione, in arte Tripolare, è un turbinio di cultura musicale che freme per uscire. Cresciuto studiando violoncello, ha iniziato presto a produrre in autonomia, costruendo un’estetica sonora personale tra linee melodiche immediate e testi viscerali. La scorsa primavera ha rilasciato il suo secondo album La Vacanza: un anti celebrazione del tanto agognato periodo estivo. Lo abbiamo intervistato in vista del suo nuovo tour, è stato un vero fiume in piena tra storie di vita, influenze musicali e ispirazione creativa.
Ormai siamo in autunno, l’estate sembra già un ricordo lontano e sono passati 3 mesi dall’uscita dell’album La Vacanza. Allora partiamo dalla domanda più banale: come sono andate le vacanze? Sei riuscito a farne?
Sì, sì, anzi, non ho fatto il tour estivo proprio per mantenere la promessa con me stesso di farne. Sono stato a Stromboli, sono andato in Puglia, sono andato anche in Thailandia a girare i video per l’album.
In realtà, più che altro, è stata una ricerca di spensieratezza in un periodo in cui ero molto, molto stanco. Dopo il tour estivo di Vitamina Life a maggio, non scorso, quello ancora prima, non mi sono mai fermato fino a fine inverno.
Da un lato ero carico, pieno di esperienze che avevo fatto e pieno anche di voglia di suonare cose nuove. Però poi sono tornato di botto alla monotonia della vita e l’idea di tornare in tour l’estate dopo, mi ha messo un po’ di angoscia e ansia. Proprio in termini di energie fisiche, mi sentivo molto debole e molto stanco.
Ho provato, quindi, a manifestare la vacanza che non esiste. Realisticamente, anche le vacanze che ho fatto, sono state comunque una ricerca di una vacanza, che poi è sempre relativa alla fine. È un po’ uno sfottere il concetto di vacanza che ricerchiamo sempre. Alla fine però paradossalmente stiamo meglio quando abbiamo delle cose da fare, che quando non abbiamo un cazzo da fare.

Nel disco, la vacanza è un momento malinconico, forzato, di disillusione. Quanto incide la tua esperienza nella scena e industria musicale, in questa visione malinconica della vacanza? O il rapporto con le vacanze è sempre sempre stato così?
Ma diciamo che sicuramente la frenesia è una cosa che ti porta un po’ distante dall’introspezione, perché non hai troppo tempo di fare i conti con come stai in quel momento. È capitato, verso la fine del tour, di fare varie date in cui stavo male, anche fisicamente: non mi sentivo bene, ero stanco, non avrei voluto farle, ma ho dovuto, è così.
C’è una scissione un po’ tra l’aspetto umano e l’aspetto lavorativo, ma penso che esista in qualsiasi lavoro tu faccia, quindi non è specifico del mio ambiente. Poi nel mio ambiente c’è anche un discorso di diversità, forse, tra dove sono nato e dove mi trovo a lavorare da un po’ di anni. Rapportandomi con le persone del settore ho notato un po’ di astrazione nei confronti della funzione dell’essere: nel senso che si vive per essere funzionali o produttivi, in modo molto più razionale e artefatto di quanto sia necessario.
Questo disco è stato anche la ricerca di un po’ di istintività, la voglia di ritornare ai miei bisogni primordiali. Tratto varie tematiche: dall’attrazione sessuale, all’emotività del distaccamento da una determinata persona, e in generale dei problemi della vita normale. Ogni pezzo è un po’ come se fosse una mia decisione di dare la parte più umana che sentivo in quel momento. Un lato che forse avevo trascurato nell’ultimo periodo e che ho cercato di mettere all’interno delle canzoni.
Questo è il tuo secondo album, dopo Vitamina Life nel 2024. Come cambia il processo di scrittura da un’opera prima, ad un secondo disco? Con che difficoltà ti sei dovuto scontrare? E invece cosa è stato più semplice questa volta?
Da un lato è il disco in cui mi sono divertito di più dal punto di vista sonoro. Dal tour di Vitamina Life in poi ho dato molto importanza a fare dei pezzi che fossero suonabili live, e che comunque mi divertisse suonare con la band.
L’incipit è stato a livello sonoro: ho comprato tantissimi pedali per la chitarra, cosa che prima non avevo. Molti dei pezzi sono nati grazie a questi pedali che mi hanno fatto divertire e mi hanno fatto giocare un po’.
La differenza forse è anche che Vitamina Life era un disco nato in un periodo in cui me ne sono andato da casa dei miei, perché non mi trovavo più. Un disco sicuramente più di struggle, più introspettivo, di mutazione interna.
La Vacanza, invece, è un disco in cui ero già in una fase più solida e ho voluto divertirmi, con più spensieratezza. Anche solo nelle influenze sonore ho ricercato il groove e una componente leggermente più funk rock rispetto a Vitamina Life. C’è sempre la fusione tra alcune tracce rap e rock, però con una ritmica groove sotto che desse un po’ bounce.

Ciò che ho apprezzato molto del disco è la capacità di unire armoniosamente sentimenti ed emozioni difficili e tormentate, ad una musicalità groovy, fresca a tratti spensierata. Come riesci a coniugare questi due mondi apparentemente in contrasto?
Ho un problema nel rendere davvero funzionale e identitario il mio progetto: mi piace un sacco di musica, generi anche lontanissimi e quindi finisco in crisi. Ti svegli in un modo e vuoi fare un brano di un certo tipo, il giorno dopo un altro. Quando in un disco poi provi a dare voce a tutte le sfumature dell’umore, rischi di risultare poco solido.
Penso ai Verdena: fanno rock spudorato, hanno un’identità chiarissima, quel loop malinconico, arrabbiato, distorto. O a un rapper: può fare la canzone d’amore, ma di base fa il rapper. Io invece non sono una band, anche se live suono con la band e mi piace la roba suonata, e a volte non riesco a tradurre dal vivo la grinta che mi dà certa roba trap/rap. Per dire, sono fissato con un rapper inglese, Fakemink: canta su batterie stra-distorte, quasi trap, con sample di chitarre o synth malinconici; crea un mood un po’ distopico ma ti dà una grinta che dal vivo funziona, anche se parla di cose tristi. Se poi vieni catalogato solo come “rock”, è difficile far emergere altro.
E quindi, ecco, io da questo punto di vista sono un po’ in crisi, però allo stesso tempo è giusto interrogarsi su cosa si vuole. Adesso, col disco fuori, parlo del presente, sento che ciò che conta davvero è passare il mood che senti in quel momento, all’inizio trascurando il discorso dei suoni e cercando di rendere la formula più essenziale possibile: anche solo scrivere una canzone alla chitarra e basta, così sei faccia a faccia con quello che stai dicendo, senza distrazioni che ti portano via l’attenzione.
Un’altra cosa che mi ha colpita è la durata: 10 brani su 11 stanno sotto i tre minuti. Sono pezzi orecchiabili, ma senza quella ripetizione un po’ forzata che spesso si usa per fissare un ritornello o un beat. Qui le canzoni vanno dritte al punto e danno l’idea di parole uscite d’impulso, di getto, tutte insieme dalla tua penna in una sorta di liberazione.
Magari questo lavoro sarebbe pure comodo saperlo fare in modo razionale, però realisticamente non riesco a scrivere ragionando troppo. Spesso mi faccio attrarre dalla fonetica di alcune parole, che a volte parlano più del loro significato. Mi trasmettono un’emozione, un brividino, una piccola endorfina. È una cosa che mi esce in modo abbastanza istintivo.
In quel periodo ascoltavo tantissimo Tame Impala. Ovviamente il genere non è lo stesso, però su alcune tracce ci sono delle somiglianze. Nella sua modalità di struttura di canzone, per quanto ci siano dei ritornelli, a volte è più la musica che ti rimane in testa rispetto alle parole in sé.
Su La Grande Fusione, a me viene in mente l’intro di chitarra, che poi anche sul ritornello si ripete. Per me è più quello il ritornello che poi il testo sopra. Se non ci fosse quello, secondo me perderebbe completamente di valore: sarebbe una semplice canzone a caso.
Il discorso musicale va molto di pari passo con le parole: a volte il mood che mi creano determinati suoni, determinate melodie poi mi ispirano anche un po’ a cosa scrivere, o comunque mi fanno sentire in un modo che poi inseriscono nella canzone. Quindi anche un po’ questo è il flow.
Le collaborazioni si inseriscono in modo armonioso all’interno del disco. Cosa puoi dirci su come nascono?
Sono nate tutte in modo molto gradevole e naturale. Pietro [Tredici Pietro] lo conoscevo già ai tempi di Vitamina Life: ci beccammo in studio un paio di volte, facemmo anche un pezzo che dovevo inserire in Vitamina Life, ma alla fine non lo sentivo troppo affine con il suono del disco. A distanza di tempo ogni tanto ci vedevamo anche per amicizia e ci beccavamo. Io poi ho fatto la traccia e gliel’ho mandata: semplicemente si è gasato e ci ha scritto sopra.
Ariete, quando uscì la repack di Vitamina Life, si fissò con un paio di canzoni e iniziò a fare un sacco di TikTok. È nato tutto un po’ per meme, però alla fine ci siamo conosciuti meglio e abbiamo provato a fare questa canzone. All’inizio mi faceva un po’ storcere il naso, perché la canzone in sé la sentivo molto pop. Col tempo però è forse una di quelle a cui sono più affezionato, quella che mi emoziona di più. Lei è una bellissima persona: è stato molto gradevole fare queste due sessioni a Milano.
STEF 5k invece semplicemente l’ho scoperto su TikTok, mi gasava tantissimo come personaggio. È stata una cosa divertente, pariante.
E poi Sano, mio fratello, abita qua dietro: l’ho invitato a casa un giorno e abbiamo detto per scherzo “facciamo una canzone”. L’avevo invitato per fargli vedere un po’ i pedalini, ho iniziato a suonare un po’ e ha detto “che figata, mi piace questa idea della vacanza”. Abbiamo iniziato a sparare parole a caso che ci trasmettessero questo mood malinconico estivo, ed è uscita così la canzone, in modo molto divertente alla fine.
Questo è il mio primo disco che non è totalmente basato sulla mia necessità di raccontare per filo e per segno tutto quello che vivo. Ci sono un paio di canzoni nate in modo molto più fantasioso. Il mondo della fantasia ti lascia anche un po’ la libertà di creare in modo più interessante. La fiaba, il libro, la storia: è qualcosa che uno si può inventare; un sacco di capolavori sono stati inventati. Ogni tanto ci sta anche dare sfogo alla fantasia.
Nei prossimi giorni torni con un nuovo tour. Come porterai questo nuovo disco sul palco e come trasformerà il tuo set up attuale?
Li porterò come ho pensato: con i miei pedalini e con la band. Ho comprato un doppione di alcuni pedali che ho usato per il disco per darli anche al secondo chitarrista, così potremo alternarci su alcune parti. Secondo me uscirà molto bene: abbiamo fatto una serie di prove e ci siamo gasati tutti!
La Vacanza Tour
15.10 – Roma – Largo Venue- 24.10 – Molfetta – Eremo
- 08.11 – Napoli – Auditorium Novecento
- 12.11 – Bologna – Covo
- 13.11 – Milano – Santeria
- 04.12 – Torino – Hiroshima Mon Amour
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